Da chi sarebbe dovuta andare Borsa Italiana per favorire il processo di integrazione europea: a Euronext o al London Stock Exchange? Da Francoforte o da Bruxelles non vi sono commenti, anche perché ormai il consolidamento delle Borse — a dispetto delle speranze delle autorità comunitarie — sta avvenendo non tanto a livello regionale, quanto piuttosto su base intercontinentale.
Un anno fa, in pieno braccio di ferro tra il New York Stock Exchange e Deutsche Börse per il controllo di Euronext, la posizione delle autorità europee era stata chiara: «A conti fatti l'opzione europea è preferibile a una scelta esterna e un'opzione zona euro è preferibile a tutte le altre opzioni», aveva detto il presidente della Banca centrale europea Jean-Claude Trichet.
Dal loro punto di vista quindi le Borse avrebbero dovuto integrarsi a livello di zona euro per dare al mercato unico una struttura finanziaria unificata. Con l'accordo del 2006 tra il Nyse e Euronext (che raggruppa Parigi, Bruxelles, Amsterdam e Lisbona) e la mancata intesa tra la stessa Euronext e Deutsche Börse per la creazione di un nocciolo franco-tedesco, questa strategia è stata in pratica abbandonata.
Una volta infranto il sogno, tutte le altre soluzioni sono diventate per molti versi scelte di ripiego. Le Borse hanno imboccato una strada che prevede accordi intercontinentali, piuttosto che regionali, nei quali il partner della zona euro è spesso di minoranza.
Nell'ottica dell'integrazione europea come bisogna quindi valutare l'intesa raggiunta tra Borsa Italiana e il LSE, che peraltro appartiene per circa il 30% al Nasdaq?
Una risposta netta probabilmente non c'è. Da un lato molti osservatori europei sottolineeranno il fatto che Londra è molto internazionale e che la Gran Bretagna non partecipando alla zona euro tende ad avere strategie che potrebbero essere in contrasto con quelle dell'Unione monetaria. Dall'altro, il London Stock Exchange è in crescita, molto liquido e quindi appetibile per le aziende italiane.
Sul fronte opposto, un'unione tra Borsa Italiana e NYSE-Euronext avrebbe forse permesso un rafforzamento dell'anima europea nella società euro-americana.
Tuttavia, come non temere che con l'ingresso di Milano nel gruppo l'influenza statunitense sulle regole borsistiche si sarebbe allargata da Parigi, Bruxelles, Amsterdam e Lisbona fino a toccare anche l'Italia?
Proprio questo aspetto politico-giuridico era stato nel 2006 l'argomento chiave delle autorità europee contro l'accordo tra Euronext e il NYSE e a favore invece di un'intesa tra Parigi e Francoforte, a cui ai tempi avrebbe dovuto aderire anche Borsa Italiana.