Il titolo At&t sostenuto dai conti trimestrali grazie a wireless e internet, ma non esaltato (altalena sulla parità, intorno ai 40 dollari per azione) da quella che doveva essere l'arma letale, lo stra-annunciato iPhone di Apple. La Mela, dal canto suo, alla vigilia della presentazione dei risultati trimestrali, ha perso il 5% nei primi scambi a New York, per poi recuperare leggermente, poco sotto il 3%, sui segnali che la richiesta per il nuovo telefono multi-task (un iPod che telefona, soprattutto) non raggiungerebbe le aspettative spaziali degli investitori.
La cartina di tornasole? Le attivazioni del servizio da parte della controllata wirelles di At&t, Cingular, vettore telefonico esclusivo dell'ultima creatura di Steve Jobs, sono «deludenti» ha dichiarato Gene Munster, analista presso Piper Jaffray & Co., secondo cui il produttore di Cupertino (California), dal via alle danze del 29 giugno, avrebbe probabilmente venduto 200 mila dei nuovi apparecchi nel trimestre terminato a giugno, contro attese per il primo fine settimana comprese tra i 400 mila e i 700 mila pezzi.
At&t, che ha sede a San Antonio, in Texas, ha reso noto martedì di aver attivato 146 mila telefonini nei primi due giorni di operatività dell'accordo. Non male, di per sé. Il punto è che la richiesta dei consumatori per l'iPhone ha segnato un «notevole calo» negli ultimi dieci giorni, secondo Cibc World Markets, il cui analista Ittai Kidron ha parlato di una certa disattenzione della clientela nei negozi a fronte di magazzini pieni. Considerazioni senza troppo valore stando agli analisti della banca elvetica Ubs, secondo i quali gli iPhone venduti nei primi due giorni sono stati «probabilmente molti di più delle attivazioni registrate da At&t». Gli investitori, quindi, è stata la raccomandazione di Benjamin Reitzes per Ubs, «non dovrebbero reagire impulsivamente». Altre cause del mancato boom delle vendite potrebbero essere state i ritardi negli ordini via internet e la relativa scarsità dei pezzi disponibili nei negozi At&t.
Il titolo Apple valeva 139,91 dollari, in calo del 2,64%, alle ore 19 italiane al Nasdaq di New York, dopo una flessione del 5,5% a 136,55 dollari nei primissimi scambi. I corsi della Mela morsicata vengono però da una lunga fase di crescita, dal momento che hanno guadagnato il 65% da inizio 2007. Lunedì hanno toccato un picco massimo di 145,22 dollari.