Continua a crescere l'uso degli strumenti derivati da parte degli enti territoriali ma intanto i rischi, invece di diminuire, aumentano. Nel 2006 si è intensificata l'attività delle Regioni, per rinegoziazioni, nuove coperture contro il rialzo dei tassi ed emissioni di bond: Veneto, Piemonte e Basilicata hanno debuttato nel mondo degli swap.
Gli enti locali di piccole dimensioni hanno ricontrattato vecchi derivati in perdita ma le rimodulazioni «possono determinare effetti a cascata con esposizioni destinate a divenire progressivamente insostenibili». Le banche sono divenute più aggressive proponendo derivati complessi con opzioni "collar" che «riducono le probabilità di vantaggio dell'ente».
È questa la fotografia, con qualche luce e molte ombre, della Corte dei Conti sull'uso degli strumenti derivati da parte di Regioni ed enti locali nell'anno 2006. La magistratura contabile, che già in passato ha affrontato in profondità il tema spinoso dei derivati nell'ambito della finanza locale, ha accolto positivamente l'iniziativa del ministero dell'Economia per una maggiore supervisione e controllo: la Finanziaria 2007 prevede un monitoraggio ex ante del Mef sulle operazioni in derivati degli enti territoriali.
La Corte dei Conti suggerisce tuttavia un giro di vite più stretto e propone un percorso decentrato e più capillare attraverso le sezioni regionali di controllo della stessa Corte per un «monitoraggio più incisivo» e per «valutazioni più esaustive legate all'andamento delle gestioni e capaci di evidenziale meglio i rischi sottesi».
La Corte prende atto che c'è stato un uso virtuoso dei derivati soprattutto da parte degli enti più grandi. Nel 2006 alcune Regioni (Toscana, Calabria, Molise) hanno rinegoziato i derivati nel contesto della modificazione delle passività sottostanti; Toscana, Calabria, Veneto e Basilicata sono ricorse agli swap per coprire i debiti a tasso variabile contro il rialzo dei saggi (sei rialzi da fine 2005 a oggi) oppure hanno modificato operazioni precedenti a causa delle mutate condizioni del mercato.
Un terzo importante utilizzo dei derivati è legato alle maxi-emissioni di bond: è questo il caso di Lazio, Piemonte, Campania, Molise. La Corte registra «una notevole crescita del debito regionale con 6.396 milioni in più sul 2005 (+33,4%)». «L'ammontare complessivo di capitale swappato dalle Regioni nel 2006 ascende a 5,4 miliardi di euro», ha puntualizzato: nel 2006 agli atti vi sono 23 contratti stipulati dalle Regioni (contro i cinque del 2005) di cui sette a copertura del rischio per il rialzo dei tassi, 11 connessi a emissioni obbligazionarie e cinque per rimodulazioni di scadenze.
Ma sono proprio i rischi provocati dal cattivo uso dei derivati, soprattutto da parte degli enti locali più piccoli e meno esperti (nei fatti "non operatori qualificati"), a destare maggiore preoccupazione presso la magistratura contabile. Il fenomeno della ricontrattazione delle passività e dei relativi derivati è «sintomo di una ricerca di margini di liquidità determinata dalle recenti difficoltà finanziarie a causa del severo coinvolgimento negli obiettivi di risanamento», commenta la Corte. Nel 2006 sono state privilegiate le operazioni con "collar" (opzioni che fissato un tetto minimo e un tetto massimo): soglie «con l'effetto di rendere estremamente stretto il corridoio riservato al vantaggio contrattuale dell'ente».
La Corte ammonisce: «Sia le rimodulazioni sia i nuovi contratti scontano strutture... a condizioni contrattuali fortemente a rischio se non già in perdita». I vantaggi per gli enti sono nei primi 2-3 anni ma successivamente «le condizioni evolvono con forte probabilità di perdita per l'ente». Lo "smontaggio" dei derivati aumenta la complessità con aggravi negli anni successivi che rischiano di divenire «insostenibili», è l'allarme dei magistrati.
Alla luce della complessità del fenomeno e delle sue implicazioni negative per i conti pubblici, la Corte dei Conti suggerisce, oltre al monitoraggio ex ante del Mef, un controllo in più attraverso le proprie sezioni regionali perché «il versante dei derivati soffre tutt'ora la mancanza di un momento dedicato a farne oggetto di verifica nel quadro complessivo degli andamenti gestionali».