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Fincantieri in Borsa. Il controllo resterà allo Stato

di Simone Filippetti

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19 luglio 2007

Fincantieri andrà in Borsa agli inizi del prossimo anno. A due anni di distanza dall'ultima dismissione (la tranche Enel 4 collocata in Borsa nell'estate del 2005) e nel pieno della bufera sul caso-Alitalia, lo Stato riparte dunque con le privatizzazioni: sul mercato andrà una quota intorno al 49% del colosso pubblico di navi da crociera, militari e traghetti. Dopo mesi di frizioni coi sindacati, in particolare la Fiom, il dossier si è sbloccato e ieri al question time di Palazzo Chigi è stato annunciato che l'iter di quotazione, prevista per i primi mesi del 2008, parte subito: Bruno Vitali, responsabile della Fim-Cisl, ha divulgato che il Governo intende rimanere con una quota del 51% e nella prima fase probabilmente anche superiore. Con la vendita di Alitalia (peraltro non riservata al vasto pubblico dei risparmiatori) ora a rischio fallimento, l'esecutivo cala l'asso Fincantieri che si preannuncia come la prima quotazione in Borsa di un'azienda pubblica del Governo Prodi.
Con un fatturato di 2,4 miliardi di euro e un utile di 59 milioni nel 2006, il gruppo che conta 9.200 dipendenti e nove stabilimenti in tutta Italia e all'estero (Germania, più un nuovo cantiere in arrivo nei Caraibi), è valutato dagli analisti intorno al miliardo di capitalizzazione. Dimensioni che la proiettano tra le blue chip di Borsa e come la quotazione più grande in arrivo nei prossimi mesi a Piazza Affari, dopo l'ondata di micro-cap che sta rinfoltendo il numero di società quotate.
Fincantieri è uno dei principali produttori al mondo di navi da crociera con un portafoglio ordini di 11 miliardi di euro e con clienti i principali operatori come Costa Crociere, P&O, Carnival, Princess. La società guidata da Giuseppe Bono sta inoltre puntando con decisione sull'America, in particolare sul mercato delle navi militari, sulla scia del successo ottenuto dalla cugina Finmeccanica con l'amministrazione Bush (con la vittoria del Marine One e dell'aereo da trasporto C27J). Fincantieri ha già messo nel mirino una maxi-commessa, quella della Marina Usa per la fornitura di 55 unità navali Lcs (Littoral combat ship). Una gara che vale oltre 15 miliardi di dollari (circa 11 miliardi di euro). Nell'ottica di una diversificazione, per superare le ciclicità del business, Fincantieri si è espansa anche nel settore dei mega-yacht e delle riparazioni.
E la quotazione serve proprio a dotare l'azienda delle risorse per lo sviluppo: tra i piani di Bono c'è quello di acquisire un cantiere navale, preferibilmente nel nord degli Stati Uniti, condizione necessaria per partecipare alle grandi commesse militari Usa. Nell'arco del piano industriale 2007-2011, il gruppo prevede di investire circa 800 milioni di euro, 600 milioni per investimenti tecnologici sui cantieri. I restanti 200 milioni saranno destinati ad acquisizioni e joint-venture. Per questo l'Ipo sarà anche in aumento di capitale.
A bordo campo, intanto, si stanno scaldando le banche d'affari per portare in Borsa la società, controllata al 98,8% da Fintecna (società interamente di proprietà del ministero del Tesoro che gestirà il processo di Ipo) e all'1,2% da Citibank. A giorni partirà il bando di gara per assegnare i mandati, e viste le dimensioni e l'indiscusso appeal, l'Ipo sta richiamando tutte le più grandi merchant bank. C'è già un gruppo di banche che indiscrezioni di mercato descrivono in pole position: Mediobanca per l'Italia, Citigroup (anche per via del legame azionario), Merrill Lynch e Lehman Brothers sul fronte estero. Al di là dei posizionamenti, tutti i big scenderanno in campo a partire da Deutsche Bank fino agli italiani come Banca Imi, di recente tra le più attive nel mercato primario.
Mentre dunque tutto sembra pronto per far sbarcare a Piazza Affari il gruppo cantieristico, non si placa la polemica, sollevata dai sindacati della Fiom-Cgil, sull'opportunità della quotazione del gruppo. Ieri in un intervento di Duccio Valori, pubblicato dal Manifesto, il fronte dei contrari ha ricordato il caso della norvegese Aker Yards, che non solo è un comparable di Borsa (ossia una società concorrente e confrontabile con Fincantieri), ma che ha anche una struttura di business simile. La Aker è da tempo quotata alla Borsa di Oslo, ma sulla scia di un profit warning lanciato sul secondo trimestre, il titolo ha perso fino a oggi oltre il 30% in Borsa. Per i critici dell'Ipo, il business della cantieristica, legato a commesse che impiegano tempi molto lunghi, mal si concilia con la Borsa, abituata a misurarsi su risultati di breve periodo. Secca la replica dell'esecutivo: «Il Governo ritiene che la quotazione sia lo strumento più adeguato per reperire le risorse necessarie a finanziare il piano industriale» ha dichiarato il ministro Vannino Chiti.

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