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Derivati, UniCredit bocciata

di Marco Bellinazzo e Marcello Frisone

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Sabato 29 Settembre 2007

Sentenza n.5928/07 - Tribunale di Torino
Sentenza n.5930/07 - Tribunale di Torino

La dichiarazione prevista dall'articolo 31 del regolamento Consob non è sufficiente per riconoscere a un'impresa lo status di operatore qualificato. Certo, non si può pretendere dalla banca di verificare caso per caso l'esperienza finanziaria dei clienti che sottoscrivono contratti complessi come i derivati. Tuttavia, è indispensabile che la competenza nell'utilizzo di questi strumenti sia "effettiva" e non semplicemente "dichiarata". Per questo motivo, l'attestazione rilasciata dai clienti sulla base dell'articolo 31 non deve essere «indeterminata», ma deve contenere l'elencazione di fatti, operazioni o negozi che provino il concreto possesso dei requisiti richiesti per gli operatori qualificati. Soltanto in questo caso la banca può non osservare le regole di cautela dettate per i rapporti con i risparmiatori "normali".
Con questa motivazione il Tribunale di Torino – che aggiunge così un ulteriore tassello a favore delle imprese intestatarie di contratti derivati rivelatisi con il passar del tempo "capestro" – ha chiarito in modo più preciso rispetto a pronunce precedenti (si veda l'articolo in basso) gli obblighi posti a carico delle banche nella gestione degli swap. In realtà, la Prima sezione del tribunale torinese, presieduta da Giacomo Oberto, ha depositato lo scorso 18 settembre due sentenze "gemelle" (la n. 5928 e la n. 5930) relative alla sottoscrizione di alcune operazioni di Irs (Interest rate swap) da parte di due imprese (la «Torneria automatica piemontese» e la «Fast.Loc.») presso «UniCredit Banca d'impresa». Le analogie tra le operazioni e la prassi seguita in entrambi i casi dall'istituto hanno portato a due distinte decisioni supportate però dalle medesime argomentazioni.
Il caso. Tra il 2000 e il 2001 le due imprese hanno sottoscritto contratti derivati (così come tante altre aziende che scrivono alla rubrica «Derivati chiari») per coprire i rischi connessi all'eventuale rialzo dei tassi di interesse su finanziamenti ottenuti dalla stessa banca. In realtà, le operazioni hanno provocato perdite per entrambe le aziende di oltre 150mila euro. Il Tribunale di Torino ha dichiarato inefficace l'autocertificazione prevista dall'articolo 31 sottoscritta dai rappresentanti legali delle due società. Di conseguenza ha risolto per colpa dell'istituto tutti i contratti swap, condannando UniCredit banca d'impresa (che ricorrerà alla Corte d'appello, si veda l'articolo sotto) al risarcimento del danno da inadempimento contrattuale.
La dichiarazione. Il Tribunale di Torino analizzando la valenza dell'articolo 31 del regolamento Consob 11522/98 ha precisato che questa norma prevederebbe - per una sola categoria di investitori, costituita da società o persone giuridiche - una sorta di autocertificazione "automatica" del possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni di strumenti finanziari. Ma così non è, e per due motivi.
In primo luogo - è il ragionamento dei giudici torinesi - il secondo comma dello stesso articolo 31 evidenzia come il possesso della «specifica competenza ed esperienza in materia di strumenti finanziari» sia un "prerequisito" della (necessaria) dichiarazione scritta.
In secondo luogo, la delega contenuta nel secondo comma dell'articolo 6 del Tuf demanda alla Consob di assicurare che i comportamenti degli intermediari rispondano "concretamente" alle diverse esigenze degli investitori (su questo punto la Commissione ha già comminato al gruppo UniCredit sanzioni per 780mila euro, si veda «Plus24» dell'8 settembre).
«Perciò - sottolinea Viviana Buoninconti, componente del collegio legale che ha difeso le due imprese - il Tribunale di Torino ha concluso che la dichiarazione ex articolo 31 può assumere valenza confessoria solo qualora non sia indeterminata e contenga l'elencazione di fatti effettivamente indicativi di una competenza e un'esperienza in campo finanziario. Altrimenti si tratta della mera formulazione di un'opinione». L'obbligo d'informare. Non essendo efficace la "dichiarazione", UniCredit aveva il dovere di rispettare nei rapporti con le due imprese quelle norme che impongono all'intermediario obblighi di correttezza, d'informazione, di adeguatezza e di trasparenza a tutela degli investitori e dei mercati finanziari (riassunti dall'articolo 21 del Tuf e indicati negli articoli 27, 28, 29, 61 e 62 del regolamento Consob 11522/98).
Viceversa, non sono emerse dall'istruttoria processuale prove relative all'acquisizione da parte della banca di notizie sugli obiettivi del cliente, sulla sua propensione al rischio o sulla sua complessiva situazione economica. Nè risulta essere stato consegnato alle due imprese il documento sui rischi generali degli investimenti, ovvero un'informazione più specifica sulle conseguenze degli strumenti finanziari utilizzati. UniCredit, perciò, non può aver compiuto alcuna attendibile valutazione sull'adeguatezza dei contratti agli scopi dei clienti.

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