Il Sole 24 Ore al traguardo della Borsa. Dopo anni di dibattito, il processo arriva a maturazione, in un periodo che non è dei più favorevoli per l'andamento del mercato, con un'offerta interamente composta da azioni di nuova emissione. Nelle casse della società entreranno così 200-245 milioni (sulla base della forchetta di 5,75-7 euro per azione e al netto dell'eventuale green-shoe) che saranno utilizzati per finanziare un piano di acquisizioni, all'inizio soprattutto nell'area professionale, con l'obiettivo di acquisire realtà a reddititività superiore a quella attuale.
Tuttavia l'Ipo non porterà la contendibilità in Borsa. Infatti la Confindustria resterà titolare di tutte le azioni ordinarie de Il Sole 24 Ore, mentre sul mercato andranno 35 milioni di azioni speciali, oltre a un massimo di 5,2 milioni di azioni (speciali) proprie a servizio della green-shoe: non più del 26% del capitale complessivo.
Nessun nuovo socio potrà detenere più del 2%, pena, per la parte eccedente che dovrà essere alienata entro un anno, la perdita del diritto di voto e la rinuncia al dividendo. La possibilità di porre limiti di tale genere, alla luce dell'articolo 2351 del codice civile, è controversa in dottrina. Ma se anche il limite al possesso fosse invalidato (cosa che la società, confortata da pareri legali, non ritiene possibile), rastrellare tutte le azioni speciali non servirebbe a controllare neppure le assemblee straordinarie. Inoltre, nel caso in cui passasse di mano il controllo, le azioni speciali non beneficerebbero del premio di maggioranza, ma solo del diritto a essere acquistate a un prezzo non inferiore alla media delle quotazioni degli ultimi dodici mesi.
La formula prescelta trova giustificazioni nella delicatezza del core business (l'informazione economica specializzata) e nei timori suscitati dai rastrellamenti selvaggi che hanno recentemente interessato altri gruppi. Ma ha un costo in termini di appeal sul mercato, dal momento che le azioni diverse dalle ordinarie vengono normalmente trattate a sconto.
Non è così se si guarda ai multipli in termini di p/e. Il gruppo viene infatti proposto in Ipo con una capitalizzazione iniziale di 564,8-687,68 milioni, pre-aumento di capitale, considerando anche le azioni proprie (8,2 milioni di titoli) in portafoglio. A questi valori il rapporto prezzo/utili sulla base dei dati a fine 2006 risulta pari a 33,9-41,4 volte (31,1-37,8 volte, senza contare le azioni proprie), multipli sensibilmente più elevati di quelli di gruppi quotati comparabili nell'editoria generalista e professionale: 14,7 L'espresso, 12,6 Rcs, 14,3 Pearson (gruppo che edita il Financial Times), 20,4 Wolters Kluwer, 23,3 Reed Elsevier, 32,6 Informa. Da segnalare peraltro che nel 2006 il gruppo ha realizzato utili netti per 16,65 milioni (su 510,6 milioni di ricavi), comprensivi di 12,89 milioni di plusvalenze (di cui circa 11 relativi alla cessione dell'immobile di via Lomazzo a Milano, dove fino a pochi anni fa aveva sede la redazione del quotidiano). Se si guarda al 2008 il divario si ridimensiona, ma resta: il p/e del Sole è stimato in circa 21 volte, contro la media di 18,7 volte per i comparabili italiani e di 15 per i titoli esteri.
Considerando i multipli prospettici in termini di enterprise value/Ebitda il confronto è invece più favorevole. A spiegare la differenza una serie di motivi: il gruppo è ben patrimonializzato, ha una posizione di cassa attiva (per 80 milioni nel 2006) e ha un tax rate elevato. Secondo le stime tratte dalle ricerche pubblicate, l'Ev/Ebitda 2008 del Sole si aggira infatti intorno a 6,6 contro il 7,9 dei titoli media italiani e 9,5 di quelli esteri (inclusi i gruppi di editoria professionale).
Non sarà comunque il privilegio sul dividendo a compensare la mancanza di appeal speculativo. Alle azioni speciali del Sole è infatti attribuito un dividendo preferenziale di appena un centesimo. Da considerare poi che i media non sono utilities e garanzie sulla tenuta dei profitti in assoluto non ce ne sono. Sul settore dell'editoria grava infatti l'incognita della trasmigrazione verso Internet, incognita che il gruppo intende contrastare puntando sul business anticiclico dei prodotti professionali.
Il management condividerà però con il mercato l'interesse a centrare gli obiettivi di redditività. In particolare l'amministratore delegato, "prenota" una fetta importante del capitale (750mila azioni) con stock option che saranno assegnate al prezzo medio del primo mese di quotazione ed esercitabili dopo tre anni a patto che venga centrato (con un margine di oscillazione del 3%) il target di Ebitda come sommatoria degli esercizi 2008-2010. Il margine Ebitda, che a fine 2006 era intorno al 10%, è intanto salito al 13% nei primi nove mesi di quest'anno.
In occasione della quotazione il cda ha deciso inoltre la distribuzione gratuita di azioni ai dipedenti (chi scrive vi ha rinunciato) nei limiti dei benefici fiscali (controvalore di 6-8mila euro spalmato su quattro anni).
Il collocamento, che si concluderà il 30, è curato da Mediobanca e Ubs (global coordinator) con Bnp Paribas, Citi, Goldman Sachs, Lehman, Merrill Lynch, Banca Imi e UniCredit come joint bookrunner.