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Petrolio a un passo da quota 100 dollari. Borse in calo

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8 novembre 2007


Record dopo record il petrolio si avvicina a ritmo inesorabile verso la soglia dei 100 dollari a barile. Un livello sino a pochi anni fa considerato inimmaginabile ma ormai ad un passo, visto che il greggio ha superato anche il confine dei 98 dollari, salendo oggi fino a 98,62 per poi ripiegare in giornata fino ai 96,42 dollari degli ultimi scambi a New York.
È ancora il dollaro debole la ragione principale dietro alla forza del petrolio, che ha coinvolto anche le quotazioni del Brent, il greggio di riferimento europeo, che ha superato per la prima volta nella storia i 95 dollari al barile. Con la debolezza della moneta verde vengono spiegate le speculazioni che coinvolgono il mercato del petrolio e quello dei cambi, in un circolo vizioso che al momento non sembra trovare interruzioni. Ma alla corsa del greggio contribuiscono anche le tensioni in Medio Oriente e la costante ascesa della domanda di olio combustibile in tutto il mondo, soprattutto India e Cina. Un eccesso di domanda che, se non dovesse trovare compensazione in un aumento della quota di produzione Opec che al momento non appare così probabile, potrebbe portare a nuove impennate del prezzo del petrolio.
Proprio dall'Opec è arrivata in mattinata la dichiarazione del segretario generale Abdallah el-Badri che ha additato come responsabile dell'aumento vertiginoso dei prezzi la speculazione sui mercati dei futures e non la carenza di forniture, che invece sono regolari. Secondo il segretario, fra gli altri fattori che influiscono sugli altissimi livelli di prezzo figurano «problemi di natura geopolitica, il calo del dollaro ed il sistema di raffinazione». Ma sopra ogni altra considerazione - ha sottolineato - c'è appunto la speculazione. «Il mercato - ha concluso - resta ben rifornito di greggio, non ci sono state interruzioni». Il segretario ha comunque assicurato che l' Opec è pronta ad alzare la produzione a dicembre se necessario.

La serie costante di rialzi ha portato, inevitabili, ripercussioni sui prezzi dei carburanti.

Se il petrolio si avvia verso il tetto dei 100 dollari a barile, la benzina veleggia verso quota 1,4 euro al litro, un record toccato il luglio 2006, quando toccò gli 1,409 euro. E non è detto che la corsa si arresti. Perchè se il gasolio ha nuovamente ritoccato i suoi massimi, raggiungendo gli 1,268 euro al litro, sembrano esserci ulteriori margini di rialzo: si parla di altri 5 centesimi per la verde e di ulteriori 6 cent per il diesel, nel caso in cui, contrariamente a quanto successo sinora, le compagnie petrolifere dovessero decidere di trasferire completamente il rialzo delle quotazioni dei prezzi internazionali sui listini di quelli al consumo. La benzina salirebbe così fino a 1,41 euro al litro ed il gasolio arriverebbe a 1,3 euro.


Ma se le quotazioni attuali del petrolio rappresentano un record storico assoluto, anche a valori attualizzati, la benzina è ancora lontana dai massimi storici toccati nel 1977. Il precedente picco dell'oro nero si ebbe infatti nei primi anni '80, quando un barile di greggio segnò quota 36,83 dollari, che, se attualizzato ai corsi odierni della moneta (indicizzato cioè all'inflazione) equivarrebbe a poco più di 90 dollari, quindi ben al di sotto dei 98 su cui si è mosso oggi il petrolio. Discorso diverso per la benzina, che nel 1977 ha toccato i 25 centesimi, un valore ora irrisorio ma che se attualizzato dà la ragguardevole cifra di 1,7 euro al litro.
Rimane quindi elevata l'apprensione nel mondo politico: «È una cosa veramente preoccupante», ha dichiarato il ministro dello Sviluppo Economico, Pierluigi Bersani, che, denunciando la «paralisi di iniziativa da parte dell'Ue», propone la formazione di un «consorzio di acquisto» per contrastare la forza dei paesi venditori. Parole che hanno trovato l'approvazione del Governo, secondo il quale «l'Unione europea è chiamata anche in questo campo ad un impegno diretto» per prevenire rischi che Bersani indica nell' inflazione e nel «rallentamento della crescita».

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