«Noi avevamo percepito per tempo i rischi dei mutui subprime americani, l'unico nostro errore è che avevamo sottostimato la magnitudo del rallentamento del mercato immobiliare. Detto questo, però, non credo che Moody's abbia molto da rimproverarsi». Brian Clarkson, presidente e direttore generale dell'agenzia di valutazione Moody's, non ci sta: buona parte delle critiche tuonate negli ultimi mesi sulle agenzie di valutazione, dice in questa intervista al Sole-24 ore, «sono principalmente frutto di equivoci». Dopo la crisi dei mutui subprime, i tre big del rating sono stati infatti presi di mira dagli analisti e dagli investitori per tanti motivi: i voti troppo elevati assegnati alle obbligazioni legate ai mutui (i cosiddetti Cdo), i conflitti d'interesse con i loro clienti, la mancanza di concorrenza nel settore dei rating. Ma il cinquantunenne Clarkson – che dal suo ufficio di New York guida l'agenzia di rating che valuta il debito di 100 Stati, 12mila società, 29mila enti pubblici e 96mila società veicolo – respinge le accuse. Anche se si dichiara disponibile a fare autocritica e a lavorare per ridare fiducia al mercato.
Lei ammette dunque che Moody's abbia sottostimato i rischi dei mutui subprime?
Sì. Avevamo identificato questi rischi, tanto che dal 2003 al 2006 avevamo deciso di aumentare il livello di protezione richiesto per assegnare rating elevati alle obbligazioni legate ai mutui. Non avevamo però capito, come molti altri, che portata avrebbe avuto un'eventuale crisi. Questo è vero.
Dunque sono corrette le critiche che vi vengono rivolte oggi.
No, perché la maggior parte di queste critiche sono frutto di equivoci. Noi valutiamo il rischio di credito: calcoliamo la possibilità di un'obbligazione di non essere rimborsata alla scadenza e l'ammontare delle possibili perdite in caso di insolvenza. Non stimiamo il rischio di mercato: non misuriamo, insomma, i prezzi, la volatilità e la liquidità dei bond. Su questo punto si confondono in tanti. Le faccio un esempio per capire. Attualmente le insolvenze sui mutui subprime americani ammontano a 770 milioni di dollari: questo significa che le perdite sui crediti sottostanti alle obbligazioni sono pari a 770 milioni. Eppure le banche hanno fino ad oggi effettuato svalutazioni, a causa dei bond costruiti sui mutui, per un totale di 50 miliardi di dollari. Perché? Il motivo è che queste obbligazioni avevano subìto un cambiamento significativo di valore di mercato ed erano illiquide: quando è scoppiata la crisi, dunque, i loro prezzi sono scesi e sono diventate invendibili. Ma questo è un rischio di cui i rating non tengono conto.
Certo. Tanti economisti sostengono comunque che voi abbiate valutato male i bond legati ai mutui subprime, perché le vostre statistiche si basano solo su dati passati.
Chi dice questo sbaglia di grosso. Le nostre metodologie di rating guardano anche avanti, teniamo in considerazione tutte le variabili. Anche future.
Ammetterà, però, che Moody's non ha fatto bella figura quando ha declassato, in un giorno solo, i rating di 2mila bond legati ai mutui. Non crede che una mossa così massiccia abbia minato la vostra credibilità?
Ci siamo mossi appena abbiamo avuto tutte le informazioni necessarie sui mutui sottostanti: sarebbe stato peggio se avessimo effettuato i declassamenti poco per volta.
Ma le critiche nei vostri confronti sono iniziate ad aprile, quando con una nuova metodologia di valutazione avete promosso di colpo centinaia di banche in tutto il mondo. Forse non erano infondate visto che fra queste c'era anche Northern Rock...
Quella vicenda ha avuto dei meriti, perché ci ha permesso di capire cosa il mercato vuole in un rating. Noi avevamo iniziato a calcolare il supporto che i Governi davano alle banche, cosa che di recente si è verificata, ed è per questo che avevamo promosso molti istituti come Northern Rock. Poi, però, abbiamo capito che il mercato non voleva questo in un rating. È stato un bene.
L'altra grande critica che vi viene rivolta riguarda i conflitti d'interesse, dato che voi siete pagati dagli stessi emittenti obbligazionari che dovete valutare.
Non dico che non esistono i conflitti d'interesse. Ci sono, certo. Ma l'unico modo per evitarli sarebbe che ci pagasse chi non ha alcun interesse nei nostri rating. Qualcuno propone che siano gli investitori a pagarci: ma se così fosse, il conflitto d'interessi sarebbe ancora maggiore. I conflitti ci sono e restano, il punto è come vengono risolti.
E voi come fate?
Ogni nostra decisione su un declassamento o una promozione è presa da una commissione, mai da un individuo singolo. Nessuno ha alcun interesse ad alzare o abbassare un voto.
Cosa farete per fare tesoro di questa bufera? Avete dei progetti nel cassetto?
Certo, stiamo lavorando anche insieme alle Autorità per ridare fiducia ai mercati. Già ora stiamo aumentando il livello di protezione per gli investitori nelle obbligazioni strutturate come i Cdo: la nostra nuova metodologia riflette le attuali condizioni di mercato, per cui è più difficile strutturare i bond in modo da avere un rating di "Tripla A". Stiamo poi lavorando per fornire servizi aggiuntivi al mercato, per aiutare gli investitori a calcolare la volatilità e la liquidità sui bond. Non credo che riusciremo mai a elaborare un rating sulla liquidità di un bond, ma potremo comunque dare nuovi strumenti di valutazione al mercato.