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Google-DoubleClick: via libera dalla Ftc Usa. Ma l'Europa si oppone

di Gianni Rusconi

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20 agosto 2007

La Federal Trade Commission statunitense ha ufficializzato ieri in serata quanto in molti si aspettavano: l'offerta di 3,1 miliardi di dollari lanciata da Google in aprile per scalare DoubleClick non urta i principi della concorrenza – nel mercato della pubblicità on line - e quindi ha tutti i requisiti per essere portata avanti. Il semaforo verde accesso dall'autorità americana, che segue quelli degli organismi competenti di Australia (e per la precisione la Australian Competition and Consumer Commission) e Brasile, non ha però ancora trovato, e probabilmente mai lo troverà, un seguito al di qui dell'oceano. La Commissione Antitrust dell'Unione Europea infatti si è espressa a più riprese sull'ipotesi di merge e la sostanza non è mai cambiata: la fusione fra la società che domina il settore del search advertising e quella che spadroneggia nel campo della pubblicità on line tradizionale (banner e via dicendo) darebbe vita a un'azienda che monopolizzerebbe di fatto uno dei segmenti a più elevata potenzialità dell'universo Internet. La Ftc americana, che ha votato pro-merge con quattro voti a favore e uno contrario chiudendo ponendo fine a un'indagine conoscitiva durata otto mesi, è invece di parere opposto e del resto lo era stata anche nei confronti di Microsoft quando, mesi or sono, decise di rilevare gli asset di Aquantive (altro big a stelle e strisce nel campo dei media digitali) per sei miliardi di dollari. Google e Doubleclick, questo afferma in sostanza la Commissione al commercio americana, non sono diretti concorrenti perché operano in un mercato in fortissima evoluzione e dai contorni oggi difficilmente circostanziabili. Un mercato, questa la tesi della Ftc, che da questa operazione trarrebbe anzi vantaggio, generando nuovi stimoli per la domanda globale di on line advertising.
Microsoft si consola con Viacom. La Beuc scrive alla Ue
La decisione della Ftc non deve aver generato tanti sorrisi in casa Microsoft, che di Google è una dichiarata rivale anche nel campo della pubblicità su Internet. Il colosso di Redmond ha sempre osteggiato la mossa della società californiana e per farlo ha scomodato anche alcuni esponenti politici di stanza a Washington. In attesa di novità, Microsoft ha intanto messo a segno proprio questa settimana il colpo Viacom: con la società che detiene la proprietà del brand e dei contenuti Mtv la società ha infatti raggiunto un accordo quinquennale dal valore di 500 milioni di dollari che comprende giochi on line, spettacoli e film e che ruota intorno a una serie di attività congiunte per il Web advertising. Accordo che in Google hanno salutato come una prova tangibile ed evidente che il mercato dell'advertising è quanto mai caratterizzato da una forte (e libera) concorrenza.
Dal quartier generale di Mountain View la decisione della Ftc è stata ovviamente salutata con grande soddisfazione. "La Federal Trade Commission - ha detto in una nota il Ceo di Google Eric Schmidt – manda al mercato un messaggio chiaro: questa acquisizione non comporta rischi per la concorrenza e porterà benefici ai consumatori, più scelta per gli investitori pubblicitari e maggiori opportunità per chi sviluppa siti Web. Confidiamo ora che anche la Commissione Europea arrivi presto alla stessa conclusione". Senza l'ok della Ue, che annuncerà la propria decisione in merito al merge entro il prossimo 2 aprile, Google ha infatti le mani legate e del fatto che l'Europa costituisca uno scoglio difficilmente superabile i vertici della società californiana ne sono più che consapevoli.
Basta infatti prendere nota di come si stia muovendo la Beuc, l'organizzazione delle associazioni di consumatori indipendenti europee (a cui aderisce anche l'italiana Altroconsumo), per capire che aria tira nei confronti del gigante dei motori di ricerca. In una lettera indirizzata nei giorni scorsi alla Commissione Europea, i portavoce del consorzio hanno puntato il dito contro la fusione proposta da Google in quanto andrebbe a ledere molti dei diritti alla privacy degli utenti, esasperando l'uso dei dati personali di questi ultimi. Per non parlare del rischio che i prezzi dei servizi di Web advertising, a merge completato, potrebbero crescere in modo incontrollato.

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