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Italease: i segreti dei contratti-truffa

di Alberto Grassani

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28 GENNAIO 2008

Dopo gli arresti e i primi interrogatori di garanzia (ieri è stata la volta di Massimo Faenza), entra nel vivo l'inchiesta sulle presunte malversazioni ai danni di Banca Italease. Gli indagati si dichiarano innocenti,ma la relazione tecnica dell'advisor della banca, utilizzata alla Procura di Milano, solleva seri dubbi sulla condotta degli ex manager della banca, sui procacciatori d'affari e persino sui loro clienti. «Il Sole-24 Ore» è entrato in possesso del documento: nelle 193 pagine si analizzano 12 grandi operazioni sui derivati, evidenziando le incongruità finanziarie e le palesi distorsioni delle regole del leasing. Le operazioni sembrano studiate ad arte per far perdere soldi alla banca e generare forti guadagni ai procacciatori d'affari e ai loro clienti.

Dopo gli arresti e i primi interrogatori, l'inchiesta sulla presunta associazione a delinquere che ha malversato Italease entra nel vivo. I protagonisti, come l'ex ad Massimo Faenza (interrogato ieri), si dichiarano innocenti.

Ma il Sole 24 Ore è in grado di documentare i risultati clamorosi delle indagini volute dal nuovo management dell'istituto: sui derivati di Italease hanno guadagnato solo clienti privilegiati. Non altri, e certamente non la banca del leasing.

Con i derivati, c'è chi vince e c'è chi perde. Ma Banca Italease ci ha perso 778 milioni di euro: troppi per farsene una ragione. E, così, scavando fra contratti privi di logica economica e risalendo il fiume delle commissioni pagate a singolari procacciatori d'affari, la nuova gestione dell'istituto ha rintracciato le orme di quella che per i Pm di Milano è stata un'associazione a delinquere guidata dall'ex amministratore delegato Massimo Faenza.

La svolta è arrivata il 6 agosto grazie a un'analisi che il nuovo amministratore delegato di Italease, Massimo Mazzega, ha commissionato al consulente Paolo Gualtieri, ordinario di economia degli intermediari finanziari. Una perizia, acquisita dalla magistratura, che sfoltisce il ginepraio dello scandalo derivati facendo emergere la responsabilità della vecchia gestione e più di una prova indiziaria sulla presunta appropriazione indebita. Quella di cui oggi è accusato Faenza, colpito in settimana da un'ordinanza di custodia cautelare insieme a ex dirigenti, Massimo Sarandrea e Roberto Fabbri, e intermediari, Claudio Calza e Luca De Filippo.

La ricostruzione dell'advisor Gualtieri è partita da un dato di fatto: «Le enormi perdite causate dall'operatività in derivati di Banca Italease sono per oltre il 50% dovute ai contratti conclusi con appena 12 clienti», quasi tutti immobiliaristi di Roma, la città di Faenza. L'unico nome un po' conosciuto è quello di Radio Dimensione Suono. Le altre sono ragioni sociali poco (o per
nulla) note: Immobilia Re, Wheelrent Autonoleggio, Gruppo Rarem, Nabucco Re, Eurologistica, Torre Spaccata, Immobiliare Europea, Parco dei Medici, Anagnina Property, Bb Parlamento, Cml International.

La pista per tentare il recuperodi parte dei 778 milioni di perdite è partita da qui. Dall'operatività passata con queste sconosciute Pmi. «La Banca – spiega il documento dell'advisor consultato dal Sole 24 Ore – ci ha chiesto di esaminare l'operatività in derivati partendo dall'esame dei contratti conclusi con i 12 clienti che hanno generato gli importi di marked to market negativi più elevati e quindi le perdite maggiori». L'obiettivo di Gualtieri è stato quello di fare luce su un'operatività anomala, con «ammontari enormi rispetto al numero ridotto di clienti e alla loro modesta dimensione economico patrimoniale». L'advisor di Italease non ha tardato ad accorgersi che«l'elemento di maggiore anomalia è costituito dalle modalità operative adottate per la conclusione e gestione dei contratti derivati, senza dubbio tese a fare guadagnare i clienti, ad avvantaggiare i procacciatori e a scaricare sulla banca gli effetti economici dei rischi assunti». Insomma, solo i soci di Italease hanno persoi soldi con lo scandalo dei derivati, mentre per i 12 grandi sottoscrittori e per gli intermediari quei contratti hanno generato guadagni. Inutile dire che la perizia di Gualtieri ha un contenuto tecnico-finanziario, e non è entrata nel merito dell'eventuale spartizione di questi guadagni, su cui si è soffermata invece l'ordinanza d'arresto di Faenza, Fabbri, Sarandrea, Calza e De Filippo. La perizia spiega solo perché queste attività «abbiano deviato dalla normalità, senza alcun dubbio », perché «l'operatività in derivati di Italease sembri essere lo strumento tecnico per distrarre somme dalla Banca piuttosto che una reale attività di gestione dei rischi finanziari della clientela».

Assurdità contrattuali
A fronte delle perdite nette causate a Italease dai derivati – che nel momento della perizia ammontavano a oltre 665 milioni di euro –Gualtierisottolinea come gli interest rate swap strutturati venduti ai 12 clienti siano completamente privi di razionale economico: «Le caratteristiche delle formule di calcolo sono talmente macchinose da rendere i contratti derivati in esame inutilizzabili per finalità di copertura dei rischi di tasso di interesse e francamente, in quasi tutti i casi, difficilmente utilizzabili anche per assumere ragionevoli posizioni di investimento sulle curve dei rendimenti». E, allora, a cosa servivano? Secondo gli inquirenti a «stornare illecitamente », tramite abnormi commissioni di intermediazione, parti del patrimonio di Italease. Tanto che a partire dal 2005 «il 56% dei compensi» da negoziazione in derivati è stato incassato da Calza e De Filippo e – scrive l'ordinanza d'arresto – sia nei confronti di Sarandrea e Fabbri sia nei confronti di Faenza «si è già raggiunta la prova della retrocessione di quote di denaro distratto». La perizia di Gualtieri, spiega – analizzando i contratti uno ad uno –che«è totalmente da escludere l'ipotesi che i dirigenti e i funzionari di Italease coinvolti in queste operazioni potessero considerale normali operazioni di interest rate swap », come è «parimenti da escludere che i procacciatori e i clienti coinvolti non fossero consapevoli che a fronte degli enormi guadagni ottenuti vi fossero degli elevati rischi finanziari che avrebbero dovuto essere ripartiti fra le parti in gioco». Così, la perizia, nel tentativo di spiegare quello che non ha logica di mercato, arriva alla conclusione che gli elementi raccolti «inducono a ipotizzare un accordo tra i clienti, procacciatori e taluni dirigenti e funzionari della banca in danno di Italease ». Solo con questa chiave di lettura, si spiegano infatti le anomalie operative, i guadagni degli in-termediari, quelli delle società clienti e, come si è capito, le perdite di Italease.

Solo guadagni per i clienti
I contratti derivati complessi sull'andamento dei tassi che Italease comprava da banche internazionali e rivendeva ai clienti sono tutti di tipo not par: volendo semplificare, sono contratti speculativi, che partono con un valore iniziale negativo. Sono scommesse quasi perse dal sottoscrittore e, con alta probabilità, vinte dalle banche d'investimento che hanno costruito il derivato.

Ovviamente questo disequilibrio viene pareggiato sotto il profilo economico alla firma del contratto con degli importi (upfront) immediati. Una sorta di premio, dato a chi rischia i soldi puntando sul cavallo brocco, che ha consentito a Italease di incassare all'apertura dei contratti (da Deutsche Bank, Bnp Paribas, Société Genérale e altre banche) ben 173 milioni di euro, e di accollarsi i rischi relativi. Gli stessi contratti che Italease comprava dalle banche venivano poi intermediati ai clienti lasciando su Italease il rischio di controparte, la possibilità cioé che il cliente non onorasse il contratto.

Ora la perizia di Gualtieri sottolinea che Italease non ha girato ai clienti, salvo pochi casi, gli importi upfront. Tuttavia «i contratti derivati sono stati disegnati in modo che i clienti di Italease nei primi periodi di vigenza dei contratti ottenessero flussi netti positivi, guadagnassero sempre ». E poi cosa è successo? «I contratti sono stati sempre chiusi anticipatamente prima che divenisse applicabile la formula che avrebbe potuto determinare flussi netti negativi, cioè pagamenti per i clienti, i quali non hanno mai dovuto pagare nulla ad Italease».

Costi per 404 milioni
La singolarità, spiega l'analisi, è che «i clienti hanno chiuso anticipatamente i contratti tutte le volte che erano in una posizione con valore economico negativo, però non hanno mai pagato nulla a Banca Italease a titolo di costo di uscita dal contratto con valore negativo». Al contrario la banca «per la chiusura anticipata dei contratti » ha dovuto pagare complessivamente alle controparti internazionali – solo sulle posizioni di questi 12 clienti – 404,9 milioni di euro.

Durante la vecchia gestione, Italease per evitare di avere un rilevante effetto negativo sul proprio conto economico, a causa degli elevati costi di chiusura anticipata pagati alle controparti di mercato e non incassati dalle imprese clienti, sostituiva i contratti chiusi anticipatamente con nuovi contratti derivati». Nella sostanza assumeva posizioni in derivati esotici ancora più rischiose delle precedenti, con un valore economico negativo ancora più alto, per compensare il costo di chiusura dei contratti e incassare nuovi importi upfront.

Il bilancio dei derivati
Questa attività sui derivati «chiaramente non improntata al servizio alla clientela e par la quale è ben difficile individuare un beneficio per Banca Italease» alla fine ha prodotto questo risultato: i 12 clienti «hanno incassato 10,9 milioni di euro a titolo di pagamento di differenziali swap
per effetto del meccanismo che prevedeva che i contratti nei primi periodi di vigenza generassero sempre flussi netti positivi a favore dei clienti». I procacciatori, a loro volta, hanno incassato 16,6 milioni di euro di commissioni. Mentre Italease ha incassato upfront per 173,8 milioni, ha pagato costi di chiusura dei contratti per 404 milioni e costi per i procacciatori di 16,6 milioni. Così, tenendo conto che ha retrocesso upfront ai clienti per un milione di euro, con l'operatività di intermediazione in derivati con solo 12 piccole e medie imprese ha perso 248,8 milioni di euro.

Le responsabilità
Le azioni giudiziarie in corso, faranno nel tempo chiarezza su quanto è successo in Banca Italease all'epoca di Faenza. Oggi la banca, ricapitalizzata per 700 milioni di euro, ha un nuovo presidente, Lino Benassi, un nuovo amministratore delegato, Massimo Mazzega, un altro consiglio d'amministrazione e un nuovo collegio sindacale. L'istituto nel corso di questo esercizio 2008 tornerà - secondo i piani industriali – a generare utili e sia mai vengano provate le distrazioni subite, Italease dalle vicende del passato può sperare di recuperare parte del maltolto. Tuttavia, nella ripartizione delle responsabilità della vecchia gestione, la perizia sottolinea che «l'estremo tecnicismo per valutare e gestire questi contratti derivati ha circoscritto in modo naturale il numero dei soggetti che potevano occuparsene all'interno della banca e ha conferito ad essi notevoli gradi di libertà operativa per le obiettive difficoltà da parte degli addetti ad altre funzioni di comprendere pienamente i termini economici di questa operatività». In altre parole, l'anomalia era chiara a chi stava guidando quelle operazioni, ma non così evidente per il resto del management. Per quanto riguarda le dodici società grandi sottoscrittrici di derivati, Gualtieri sembra ritenere che siano state «una più o meno consapevole sponda per un'operatività organizzata per fini diversi dall'attività di servizio alla clientela ». «La documentazione preparatoria degli accordi contrattuali tra la Banca e il cliente» sembra sottolinearlo. «Infatti le proposte formulate da Banca Italease ai clienti portano quasi sempre la data immediatamente ( uno o due giorni) antecedente la conclusione dei contratti». Una stranezza, vista la rilevanza dei contratti e la difficoltà a comprenderli. Tanto che l'advisor suppone la documentazione possa essere stata predisposta per «far apparire l'esistenza di una dialettica negoziale».

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