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Bnp prepara l'offerta per SocGen

di Attilio Geroni

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1 febbraio 2008

Un'ammissione semiufficiale e a denti stretti, ma pur sempre un'ammissione. Bnp Paribas, la più grande banca francese per capitalizzazione, sta studiando l'acquisizione della rivale di sempre, Société Générale, ha detto ieri un suo portavoce. Una ripetizione della storia, sarebbe il caso di dire, dopo un primo tentativo fallito nel 1999 durante un'operazione spettacolare che scosse per sei mesi - tanto durò la battaglia - l'establishment finanziario parigino. Bnp, allora guidata da Michel Pébereau, lanciò una doppia offerta di scambio (Ops) con l'obiettivo di fondersi con SocGen e Paribas e dare vita a un gigante di taglia mondiale, uno dei più grandi per assets. Nella rete finì soltanto la seconda avendo l'istituto di Daniel Bouton difeso la propria indipendenza con le unghie e con i denti.
È da allora che tra i due manager e tra le due banche nacque un astio neanche troppo cordiale e manierato e una rivalità che li ha portati a volersi differenziare a tutti i costi anche in campo formale, dal quartier generale (palazzo storico del '700 a due passi dall'Opéra per Bnp Paribas, grattacielo a specchio alla Défense per SocGen) alle sponsorizzazioni sportive e culturali (cinema e tennis per la prima, arte contemporanea e rugby la seconda). Pébereau ha da tempo lasciato l'operatività all'amministratore delegato Baudouin Prot, e si gode una presidenza di prestigio e influenza (dietro la sua scrivania campeggia il ritratto di Colbert), ma non c'è dubbio che in questa fase pregusti il sapore di una possibile rivincita.
«Ci stiamo pensando perché tutta Europa ci sta pensando», ha risposto un portavoce all'Afp alla ricerca di conferme sulle indiscrezioni pubblicate da Les Echos il giorno prima e secondo le quali lo stesso Pébereau avrebbe incontrato il segretario generale dell'Eliseo, Claude Guéant, e il suo vice François Perol. Ci stanno pensando anche perché, sottolinea una fonte vicina al dossier, «quando Ubs perde quello che ha perso, le banche americane svalutano quello che hanno svalutato, allora vuol dire che il mondo è cambiato». Il mondo è cambiato soltanto rispetto a pochi mesi fa, quando Prot e la prima linea del management di Bnp Paribas facevano sapere di essere assolutamente contrari al matrimonio con l'arcinemico e lo stesso Péberau, agli ospiti della finale del Roland Garros, raccontava a pranzo gustosi aneddoti sulla difficoltà oggettiva di giocare a tennis con la palla ovale del rugby. Era giugno, e questa era la risposta alle voci che tornavano nuovamente a galla su un imminente matrimonio.
Oggi l'orgoglio di Société Générale è ferito, la sua credibilità messa a dura prova dal buco di 5 miliardi di euro causato da Jérôme Kerviel cui si aggiungono 2 miliardi di euro in svalutazioni legate alla crisi dei subprime. La banca di Bouton è una preda teoricamente facile, con una capitalizzazione (38 miliardi di euro) di poco superiore ai fondi propri, che al giugno dell'anno scorso ammontavano a 34,4 miliardi. Bnp Paribas è in salute, ha registrato l'anno scorso un utile record di quasi 8 miliardi di euro e ha mostrato una migliore gestione dei rischi con un'esposizione relativamente limitata nei confronti dei subprime. Non a caso i bookmakers londinesi danno per favorita per un'Opa du SocGen proprio Bnp.
Il desiderio unanime della politica di far prevalere una soluzione nazionale sugli eventuali "predatori esterni", come li ha bollati il consigliere speciale del presidente Sarkozy, Henri Guaino, è l'altro grande vantaggio competitivo di Bnp Paribas rispetto alla lunga lista degli altri potenziali pretendenti e tra i quali figurano anche i due giganti del credito italiano, Intesa Sanpaolo e UniCredit. David Martinon, portavoce dell'Eliseo, ha voluto ieri gettare un po' di acqua sul fuoco delle polemiche e ha parlato con l'occhio rivolto alle inquietudini di Bruxelles, che reclama da Parigi un trattamento equo per tutti gli eventuali concorrenti: «Per il momento è un problema che non si pone, la Société Générale, per quanto ne sappiamo, non è costretta ad appoggiarsi finanziariamente ad un altro gruppo».
Se matrimonio dovesse esserci, comunque, potrebbe rivelarsi difficile e neanche troppo rapido, nonostante la frenesia protezionista. La banca della Défense deve ripulire il suo portafoglio, fare chiarezza sulle responsabilità e sui propri sistemi di controllo e varare in tempi brevi una ricapitalizzazione. Una combinazione tra i due gruppi darebbe vita a un campione nazionale di taglia europea, con 100 miliardi di capitalizzazione, 15 milioni di clienti e 5mila sportelli nella sola Francia. Resta il problema della banca d'investimento di SocGen, delizia e oggi croce dell'industria finanziaria francese. Con le corrispettive attività di Bnp Paribas vi sono troppe sovrapposizioni e condivisione di clientela: una fusione in questo campo, ha sempre argomentato e continua ad argomentare Prot, sarebbe distruttrice di valore. Si parla di uno scorporo in un secondo tempo, con eventuale cessione a Crédit Agricole, ma non è detto che per prevenire le ire e le obiezioni di Bruxelles sia in realtà questo il boccone riservato «ai predatori stranieri» amanti del rischio.

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