Volendo essere ottimisti, c'è una buona notizia: le stime di utili per l'S&P500 nel quarto trimestre 2007 hanno smesso di calare. Secondo il computo di Reuters, mentre nella passata settimana ci si aspettava un crollo del 20,7%, in questa si attende un calo del 20,4%. Si può fare dell'ironia su quei tre punti decimali, ma è comunque notevole che dopo quattro mesi di revisioni al ribasso (a ottobre si immaginava ancora una crescita dell'11,5%) la tendenza si sia finalmente interrotta. Un segno che forse è stato toccato il fondo? Difficile dirlo. In ogni caso non tutto è negativo, perchè i settori tecnologico e farmaceutico dovrebbero vedere utili in crescita rispettivamente del 28 e del 13%. Di contro, i titoli minerari li vedrebbero scendere dell'11% e i finanziari addirittura del 94%: nel complesso si azzereranno di fatto.
A voler essere ancor più ottimisti, si potrebbe osservare che in settimana s'è parlato un po' meno di recessione americana. Anzi quei pochi e non molto significativi dati macroeconomici che si sono visti sembrerebbero semmai scongiurare l'evenienza estrema. Perchè le vendite a gennaio sono salite un poco (mentre tutti credevano che calassero), la produzione pure (seppure di un impercettibile 0,1%), la bilancia commerciale è stata meno peggio del previsto (se può consolare, sarebbe scongiurata una revisione negativa del Pil nel quarto trimestre). Inoltre in Europa non ci sono state cattive notizie, s'è scoperto con sorpresa che il Pil giapponese è volato del 3,7%, quando era dato quasi per agonizzante, e infine è continuato il rimbalzo dell'indice che misura il costo dei noli marittimi.
Quando, alla fine di gennaio, l'indice appariva dimezzato rispetto al massimo di due mesi prima, gli economisti avevano voluto leggere la conferma che era tutta l'economia mondiale a frenare bruscamente. Adesso che è risalito da 5.600 punti a quasi 7.400, in sintonia con il massimo storico dell'indice Crb che misura il prezzo delle materie prime, non si sono sentiti commenti.
Mentre l'evento di una recessione era stato contemplato dieci giorni fa persino da un esponente della Fed, in settimana gli uomini della banca centrale Usa sono stati molto più cauti: Poole definendo improbabile un tale evento e Bernanke parlando semplicemente di «crescita da lumaca» e pronosticando un andamento più sostenuto per fine anno. E, poi, s'è scoperto che Warren Buffett ha comprato un bel po' di titoli in questi ultimi due mesi. Se l'ha fatto uno come lui, dovremmo comprare anche noi, hanno commentato gli operatori, convinti che chi ha indovinato tutto negli anni passati debba necessariamente essere nel giusto anche adesso. Infine sembrano aver mutato parere anche alcuni gestori di hedge fund che s'erano distinti negli ultimi sei mesi per il loro pessimismo. I minimi della Borsa – hanno spiegato – sono ormai quelli che abbiamo visto a gennaio.
Se lo augurano tutti. Ma essendo stato poco convinto dell'imminente recessione Usa ed essendolo tuttora, chi scrive è anche piuttosto scettico sull'eventualità di una forte ripresa nella seconda metà dell'anno. La condizione più probabile sarebbe un prolungato rallentamento economico in Usa e in parte in Europa. Perchè la crisi del credito è lungi dall'essere conclusa, avendo messo in discussione il modo di fare finanza degli ultimi 10 anni ed avendo fatto naufragare i meccanismi di valutazione del rischio sui quali le banche avevano basato la loro attività e moltiplicato i loro utili.
E un credito ridimensionato significa pure un rallentamento dei consumi, perchè era stato il denaro facile a guidare in molti Paesi il comportamento dei consumatori. Se, forse, non ci sarà un'inversione a "V" delle Borse, si dovrebbe vedere un buon recupero di parecchi titoli (specie medie capitalizzazioni) industriali, utility, tecnologici, le cui quotazioni sono state falcidiate.
In settimana le Borse sono leggermente salite: +1,4% l'S&P500, +0,7% il Nasdaq e +0,6% lo Stoxx (+1,3% Parigi, +1% Francoforte, +1,6% Milano, +0,1% Londra).