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Bruxelles, l'Italia prende i Trasporti Protesta di Prodi

di Adriana Cerretelli

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23 aprile 2008

L'Italia conquista a Bruxelles la poltrona dei Trasporti cedendo alla Francia quella degli Interni e Giustizia. «Abbiamo acchiappato il pezzo grosso» ha commentato Franco Frattini le cui prossime dimissioni dalla Commissione europea hanno favorito lo scambio di portafoglio con il francese Jacques Barrot, che ne ha già assunto l'interim durante il congedo elettorale.
Questo in concreto significa che il rappresentante italiano alla Commissione europea, che ne sarà anche vice-presidente come Frattini, avrà competenza su trasporti aerei, concorrenza e aiuti di Stato compresi, in poche parole sull'emergenza Alitalia, prestito-ponte incluso visto che, una volta che sarà stato notificato, la decisione Ue prenderà per motivi tecnici qualche settimana. Sui trasporti ferroviari, stradali e marittimi, quindi anche sulle grandi reti transeuropee (Ten), bilancio 8 miliardi da qui al 2013, a cominciare dalla Torino-Lione per passare dal Brennero fino al ponte di Messina. Su Galileo, il sistema di navigazione satellitare che dovrebbe essere operativo dal 2013, per il quale si aprono le gare d'appalto con Finmeccanica in pole position.
Sulla decisione Ue ha espresso però «il proprio profondo disappunto» Romano Prodi, irritato «per aver appreso questo pomeriggio dalle agenzie di stampa dell'intenzione del Presidente della Commissione Europea». La dura nota ufficiale di Palazo Chigi ha sottolineato come «ferme restando le prerogative del Presidente della Commissione previste dal Trattato Ue in tema di attribuzioni di portafogli, le decisioni in materia siano sempre prese in consultazione con il Governo in carica nel paese membro considerato». La decisione – ha replicato il portavoce della Commissione Ue, Johannes Laitenberger – «spetta al presidente della Commissione Ue»; essa è stata assunta «in un contesto appropriato».
Adducendo ragioni di «coerenza, efficacia e continuità», ieri Barroso in un colpo solo ha fatto bingo: ha accontentato la Francia di Sarkozy che delle politiche europee sulla sicurezza vuole fare una delle priorità della sua imminente presidenza europea (dal 1 luglio), ha fatto un favore all'Italia che, tra crisi Alitalia e Tav in alto mare, ha nelle infrastrutture di trasporto uno delle grandi priorità del nuovo Governo Berlusconi. E infine ha remato anche per se stesso, per la propria riconferma alla guida della Commissione anche nel prossimo quinquiennio.
«Anche se avevamo già incassato il consenso di Schultz nell'europarlamento, il portafoglio economico invece di quello su sicurezza e diritti umani non pone pregiudiziali di nessun tipo» commenta Frattini, co-artefice dietro le quinte della quadratura del cerchio che soddisfa tutti. Anche Antonio Tajani che, salvo imprevisti tutti italo-italiani, sarà il suo successore a Bruxelles, in questo modo vede facilitato l'esito dell'esame a Strasburgo. La cessione del portafoglio Interni e Giustizia d'altra parte comporta la rinuncia a poteri più di facciata che di sostanza. Anche se l'entrata in vigore, quando ci sarà, del Trattato di Lisbona, aumenterà un po'le competenze di Bruxelles, le politiche di sicurezza comuni resteranno grosse grane ma essenzialemente una prerogativa nazionale.
Tutto bene quel che finisce bene? Si direbbe di sì. Anche se ieri mattina sussurri e grida di liberali e verdi contro la candidatura Tajani come i borbottii socialisti sembravano già destinati all'archivio. Tirava aria di ritirata degli obiettori a Strasburgo per una questione di rapporti di forza: l'accordo tra popolari e socialisti per spartirsi la guida della prossima legislatura (la seconda metà al socialista Martin Schultz e l'altra al popolare polacco Jerzy Buzec o italiano Mario Mauro) di fatto legava le mani agli altri gruppi.
Pur di realizzare la sua ambizione personale, il capogruppo del Pse era disposto a tutto, anche a sfidare parte della sue "truppe" riluttanti (con però tedeschi, francesi, spagnoli e in parte italiani dalla sua). Non a caso ieri Schultz aveva attaccato duro tanto Graham Watson quanto Monica Frassoni, i leader dei liberali e dei verdi che nei giorni scorsi avevano espresso forti perplessità sul nome di Tajani. «Se per la Frassoni Tajani non va bene perché troppo legato a Berlusconi è una sua opinione. Anche Frattini lo conosceva bene, visto che è stato il suo ministro degli Esteri ma questo non gli ha impedito di svolgere bene il lavoro a Bruxelles. Forse la Frassoni pensa alle urne per diventare presidente dei verdi». Storia passata: il valzer dei portafogli ha tolto le castagne dal fuoco anche all'europarlamento e ai suoi residui dubbi.

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