La General Electric dichiara la sua recessione e spaventa Wall Street. Il gigante della Corporate America, considerata "l'azienda Pil" per diversificazione e dimensioni delle attività, ha inflitto una rara quanto cocente delusione al mercato: ha annunciato un calo dei profitti del 5,8% a 4,3 miliardi di dollari nel primo trimestre dell'anno e mancato le attese di utili per azione ben del 15%, pari a sette centesimi.
La giornata nera di Ge - il titolo ha perso il 12,79%, la caduta più secca dal crash del 1987 - si è immediatamente trasformata in giornata nera per le Borse globali, a cominciare dalla piazza statunitense: l'indice Dow Jones e lo S&P500 sono arretrati del 2,04%, il Nasdaq del 2,61 per cento. Da sola Ge, finora terza società al mondo per capitalizzazione dietro a PetroChina e Exxon Mobil, ha bruciato in Borsa 46 miliardi, più del prodotto interno lordo dell'Ecuador nel 2006.
Il gruppo, che ha anche ridimensionato il pronostico di crescita dei profitti 2008 da oltre il 10% a meno del 5% e forse vicino allo zero, ha visto il bilancio affossato dalle attività nei servizi finanziari, le quali hanno pagato cara la crisi dei mutui e del credito. Solo due delle sei grandi divisioni Ge, infrastrutture e media, sono riuscite a macinare profitti. Un danno tale da cogliere di sorpresa i vertici: «Abbiamo fallito nell'intento di rispettare le nostre previsioni – ha ammesso l'amministratore delegato Jeffrey Immelt – Sapevamo che i primi tre mesi dell'anno sarebbero stati difficili, ma lo straordinario travaglio sui mercati dei capitali in marzo ha condizionato la nostra abilità di completare cessioni e provocato oneri e perdite».
Il travaglio, ha aggiunto, si è aggravato all'indomani del collasso di Bear Stearns. E ancora, in un'intervista alla rete televisiva Cnbc: «Eravamo convinti di aver cominciato l'anno con previsioni conservatrici, ovviamente non lo erano abbastanza».
Immelt si è affrettato ad assicurare che per il gruppo si tratta di «un piccolo ostacolo». Ma i vertici di Ge, da sempre, hanno abituato gli investitori ad attenti pronostici che scongiurano gli shock. Stando agli analisti, così, i conti del primo trimestre e la revisione dell'outlook sollevano perplessità sulla stessa credibilità del colosso e delle sue strategie mentre naviga le acque della crisi. Il giro d'affari è lievitato del 7,8% a 42,24 miliardi di dollari, comunque meno delle previsioni pari a 43,68 miliardi. E i nervi sono saltati davanti alle cifre sui profitti: per il primo trimestre sono stati di 44 centesimi per azione (escludendo le dismissioni), quando nessun oparatore aveva pronosticato meno di 50 centesimi. Mentre l'allarme sul futuro ha sconfessato previsioni sottoscritte da Immelt a metà marzo.
La doccia fredda, per i mercati, è diventata inevitabile. La Ge, nella sua storia ultra centenaria, soltanto 45 volte aveva ceduto in Borsa oltre il 5% in una seduta. E solo due volte aveva subito l'onta di scivoloni superiori al 10%, durante il Black Monday del 19 ottobre 1987 (-17,5%) e dopo gli attentati dell'11 settembre 2001 (-10,7%). La tensione è stata aggravata ieri da dati economici - un calo della fiducia dei consumatori ai minimi da 26 anni a metà aprile e rincari del 2,8% nei prezzi alla produzione di marzo - e da incertezze sulle banche. Lehman ha sentito la necessità di mettere alla prova i nuovi aiuti della Federal Reserve alle investment bank: ha trasferito prestiti per 2,8 miliardi, tra cui alcuni a rischio che non riusciva a collocare tra gli investitori, in una finanziaria battezzata Freedom, emesso titoli legati a questi asset e usato i titoli quale garanzia per ottenere dalla Banca centrale finanziamenti vantaggiosi e a breve termine. Il nervosismo ha contagiato l'Europa: il Dow Jones Stoxx 600 Index ha perso l'1,4%, il londinese Ftse 100 l'1,2%, il tedesco Dax l'1,5% e il francese Cac l'1,3 per cento. A Milano lo S&P/Mib ha ceduto l'1,03% e il Mibtel lo 0,9 per cento.
Le attività finanziarie, nei conti Ge, hanno imposto un aumento delle riserve a fronte di possibili perdite del 42%, a 1,33 miliardi di dollari. La divisione Ge Money, impegnata tra consumatori e piccole aziende, ha sofferto un declino degli utili del 19%, mentre i servizi per le grandi imprese hanno fatto ancora peggio, con una flessione del 20 per cento. Neppure le attività industriali sono rimaste immuni: gli utili sono scivolati del 16 per cento. Anche gli elettrodomestici, storico business dell'azienda, in pronunciato declino. La divisione di tecnologie sanitarie ha a sua volta sofferto un calo del 17% nei profitti.
Segnali più incoraggianti Ge li ha ricevuti dalla divisione infrastrutture e dalla Nbc. Nelle infrastrutture, che portano in dote il 40% dei profitti aziendali grazie a motori per velivoli, turbine a gas e locomotive, l'incremento degli utili è stato del 17% e quello del fatturato del 23 per cento. Nbc/UNiversal nei media ha incassato un incremento del 3 per cento. Non abbastanza, tuttavia, da evitare l'appannarsi dei conti e dell'immagine dell'azienda Pil.