Per una compagnia che diceva di puntare ad Alitalia e di voler sfruttare Malpensa come hub del Nord Italia, mettere sei piccoli aeroplani sulle piste dello scalo in provincia di Varese non rappresenta proprio un grande sforzo. E non saranno i sei regional jet di Air Dolomiti, la compagnia controllata al 100% da Lufthansa, aerei da circa 100 posti l'uno, a riempire il vuoto lasciato dall'Alitalia. Dal 30 marzo la compagnia pubblica ha suonato la ritirata verso Fiumicino, cancellando 886 voli settimanali da Malpensa e «desertificando» l'aeroporto.
Eppure la mossa del vettore tedesco è significativa. È la prima volta che un'aviolinea importante, una compagnia di tipo tradizionale, investe con un ampliamento rilevante della capacità nello scalo che è al centro delle controversie sulla privatizzazione di Alitalia. Insomma, non è la solita low cost attratta da un pacchetto di aiuti o facilitazioni come è stato per EasyJet e come non è stato invece per Ryanair. La regina irlandese delle low cost, dopo aver annunciato sei mesi fa una disponibilità a investire un miliardo a Malpensa quasi dovesse sostituirsi ad Alitalia (ma questo comunque non sarebbe stato possibile), ha poi avanzato una serie di richieste economiche al gestore dell'aeroporto, la Sea, evidentemente inconfessabili, visto che l'operazione è tramontata rapidamente.
La mossa di Lufthansa, che dall'inizio dell'anno prossimo offrirà una scelta più ampia di voli verso destinazioni europee, dunque non solo verso la Germania, può essere letta come il primo assaggio per capire se a Malpensa si può sviluppare un mercato anche senza la protezione della compagnia di bandiera. Se la risposta del traffico sarà positiva, in futuro il gruppo Lufthansa potrebbe tentare qualche mossa più impegnativa, aerei più grandi, voli aggiuntivi. L'accordo tra uno dei principali vettori europei e la Sea è anche un monito ai politici che hanno battuto con eccessiva insistenza sul tasto della moratoria dei voli Alitalia. Se Malpensa è in grado di sviluppare traffico, ovvero se è un mercato interessante, il vuoto lasciato dal malconcio vettore pubblico non potrà che facilitare l'arrivo di nuove compagnie e nuovi voli. Certo, ci vorrà tempo e intanto anche la Sea ne soffrirà (intanto ci sono 900 lavoratori in cassa integrazione) e ne soffrirà il territorio con minori collegamenti, ma lo sviluppo che si realizzerà in questo modo sarà certamente più sano di quello alimentato, artificiosamente visti i risultati, da quando ci fu il gran trasloco dell'Alitalia del 25 ottobre 1998.
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