Forte balzo dei prezzi del petrolio, che tornano a livelli record a New York: 119,30 dollari al barile per il Sweet light crude a , con un massimo a 119,55 dollari (poco sotto il recente massimo storico a 119,86, aggiornamento alle ore 19 italiane), dopo la notizia secondo cui un cargo al servizio del Pentagono ha sparato colpi di avvertimento contro una imbarcazione iraniana. Il rialzo è di 3,24 dollari rispetto all'ultima rilevazione di giovedì. A dare fuoco alle polveri deli acquisti è stato anche il nuovo attacco dei guerriglieri a un impianto in Nigeria, che ha alimentato i timori sull'offerta di greggio da parte del maggior produttore di petrolio in Africa.
Nel tardo pomeriggio di venerdì, in realtà, le Guardie della Rivoluzione hanno smentito qualsiasi scontro a fuoco nello Stretto di Hormuz: «Le unità iraniane non sono state coinvolte, e se anche vi fossero stati degli spari avrebbero avuto come obbiettivo dei vascelli non iraniani», ha commentato un portavoce dei Pasdaran intervistato dalla rete televisiva in lingua araba al Alam. Altre fonti iraniane indicano come probabile bersaglio delle imbarcazioni da pesca di nazionalità non precisata, notando come già in passato «le unità britanniche e statunitensi presenti nel Golfo abbiano aperto il fuoco su navi non militari considerati come una minaccia».
Dietro le quinte non manca chi getta benzina sul fuoco, facendo con ogni probabilità i propri interessi nel gioco al rialzo della speculazione che da mesi sostiene i prezzi abnormi del greggio. Il guru di turno è Philip Verleger, presidente della società di consulenza su questioni energetiche PKV Verleger. «Il petrolio a cento dollari e passa potrebbe essere a fine anno appena un pallido ricordo, in quanto a fine anno la quotazione sul mercato statunitense potrebbe arrivare fino a 200 dollari», sostiene l'esperto. Il motivo? Le raffinerie potrebbero decidere di aumentare gli acquisti di petrolio a basso contenuto di zolfo, allo scopo di produrre diesel destinato fra l' altro agli automezzi pesanti. Proprio questa finalità farebbe correre lequotazioni del barile, già attualmente più elevato, di questa tipologia di greggio, che comprende anche il West Texas Intermediate (Wti), utilizzato come benchmark per il prezzo e base per gli scambi al Nymex, il mercato newyorchese delle materie prime.
Anche il Brent a Londra ha aggiornato il record a 117,51 dollari. E il motivo è che in Gran Bretagna la protesta indetta per due giorni dai lavoratori della raffineria Ineos a Grangemouth a difesa delle pensioni, minaccia di scatenare il panico. Bp ha iniziato le procedure per chiudere l'oleodotto Forties, attraverso il quale passa un terzo del petrolio prodotto giornalmente dal Regno Unito. Anche la raffineria dovrebbe iniziare a chiudere entro stasera (ci vuole una settimana per fermarla del tutto), se l'agitazione non verrà revocata.
L'associazione dei produttori di petrolio e gas ha avvertito che la protesta potrebbe costare all'economia nazionale - a causa della chiusura dell'oleodotto - 50 milioni di sterline al giorno. Grangemouth, la maggiore raffineria della Scozia, fornisce benzina anche all'Inghilterra centrale. Nonostante gli appelli a non dare l'assalto alle stazioni di servizio, molti distributori in Scozia sono già privi di carburante, visto che tutti hanno fatto il pieno. Alcune stazioni hanno già messo un limite a quanta benzina può comprare ogni automobilista. A Edimburgo, i servizi di trasporto pubblico hanno già avvertito che da domenica sera gli autobus non cammineranno, causa scarsità di carburante.(a cura di Alberto Annicchiarico)