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Morgan Stanley riapre la crisi delle banche Usa

di Simone Filippetti

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19 giugno 2008
S&P investe sul prezzo dei derivati

Se la prima banca d'affari di Wall Street, Goldman Sachs regge l'urto della prolungata crisi finanziaria, lo stesso non vale per Morgan Stanley, al secondo posto tra le case d'investimento americane. Ieri infatti la banca guidata da John Mack ha visto i profitti crollare del 60% (nonostante il beneficio di una plusvalenza da 1,4 miliardi di dollari) e per il secondo trimestre consecutivo l'ultima riga di bilancio scende e non sale.

La banca non è piombata ai livelli di Lehman Brothers che ha chiuso il secondo trimestre in perdita per 2,8 miliardi, ma via via che i colossi bancari di Wall Street alzano il velo sui loro conti (all'appello mancano Merrill Lynch e Jp Morgan) si ha la sensazione che quello di Goldman, che ha accusato solo una contenuta flessione degli utili e peraltro migliore delle attese, sia sempre più un caso isolato. La crisi finanziaria innescata dall'esplosione della mina dei mutui subprime non è ancora finita e potrebbe compromettere seriamente il sistema bancario americano. Con un clima del genere, nelle Borse prevale il pessimismo: così ieri, dall'Europa a Wall Street, tutti i listini sono scesi.

I numeri di Morgan Stanley sono stati migliori di quanto il mercato si attendesse, ma quello che più preoccupa gli analisti è che la banca ha perso terreno nei suoi punti di forza, il reddito fisso e il trading, e che rimangono irrisolti gli interrogativi su come l'istituto intenda superare la crisi del credito: e i fari sono stati subito puntati sulla leadership del Ceo John Mack. I ricavi consolidati della casa d'investimento nel secondo trimestre sono scesi del 38% a 6,5 miliardi, mentre gli utili sono calati a quota un miliardo (pari a 95 centesimi ad azione) contro i 2,56 miliardi (2,45 dollari ad azione) dello scorso anno malgrado la cessione di asset per oltre un miliardo di dollari. A deprimere i conti, la caduta verticale del business del trading sul mercato obbligazionario, i cui ricavi netti si sono quasi azzerati rispetto al 2007, piombando dell'85%: colpa di 436 milioni di perdite su asset legati ai mutui e risultati deludenti nel settore delle commodities, per scommesse sbagliate su elettricità e carburanti. Male anche il business delle emissioni istituzionali, che comprende anche il mercato dei capitali e l'investment banking, i cui ricavi si sono dimezzati (-51%), mentre gli utili pretasse sono scivolati del 77 per cento.

Le uniche buone notizie sono venute dalla divisione wealth management, i cui ricavi sono balzati del 48%, mentre l'utile ante-imposte è quasi quadruplicato per effetto della plusvalenza derivante dalla vendita delle attività di wealth management (gestione di patrimoni) in Spagna. Un'operazione che però non ha trovato il favore degli analisti: «Se bisogna arrivare fino in Spagna per fare dei risultati – ha commentato Matt McCormick della broker house Bahl&Gaynor - non va bene. Di quanti altri jolly potrà disporre ancora la banca?». In Borsa, tuttavia, le azioni dell'istituto hanno recuperato nel finale (+0,64% a 40,85 dollari) dopo una giornata all'insegna delle vendite. Mack ha attribuito la negativa trimestrale a «difficili condizioni di mercato e a livelli più bassi di attività da parte dei clienti», ma è indubbio che a questo punto la pressione sul numero uno, salito sulla poltrona di Ceo nel 2005 spingendo la banca ad assumersi più rischi nel trading e a diversificare nel settore dei mutui, si fa intensa. Dopo il recente licenziamento di Martin Sullivan da capo del colosso assicurativo Aig, c'è chi pensa che tra i manager della finanza il terremoto non sia finito.

E proprio il futuro della grandi banche d'affari americane è la questione che maggiormente assilla il mercato: ieri sono circolate voci di una possibile vendita di Lehman Brothers, la più piccola delle “big four” di Wall Street. Ma la stessa banca ha subito smentito i rumors. Resta tuttavia la forte preoccupazione che si trasmette sui listini mondiali: Londra ha registrato ieri una flessione dell'1,79%, seguita da Milano (-1,64% l'S&P/Mib), Parigi (-1,44%) e Francoforte (-0,99%). Wall Street si è mossa in scia chiudendo con l'S&P500 e il Nasdaq gravati entrambi da perdite di un punto percentuale.

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