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Malpensa ora teme il ritorno di Alitalia

di Marco Alfieri

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3 giugno 2008

Una soluzione di sistema per il salvataggio di Alitalia, pilotata da Intesa Sanpaolo, potrebbe non piacere ad alcuni attori in campo. A cominciare da Sea, la società di gestione degli scali milanesi, e dalla Lega nord.
Riserve ufficiali per ora non ce ne sono. Prima si vuol capire quale strada imboccherà effettivamente l'advisor e se si riuscirà ad evitare il commissariamento. Ma è chiaro che l'ipotesi di un (disperato) rilancio del vettore imperniato su uno schema iniziale di fusione/accordo Alitalia-Air One, rischierebbe di riproporre l'eterno dualismo Sea-Alitalia, Malpensa-Fiumicino, cioè l'impasse che ha portato al disastro attuale. Almeno, questo è il timore che circola a palazzo Marino, azionista di Sea, e in ambienti leghisti. Lo scalo varesino, infatti, dopo l'applicazione del piano Prato (1° aprile 2008) e il de-hubbing di Alitalia si sta sempre più autonomizzando dalle sorti della Magliana, recuperando quote di mercato.
«In poche settimane abbiamo raggiunto risultati apprezzabili con 473 movimenti in più rispetto ai circa 366 dei 1200 originari lasciati settimanalmente dal piano Prato», ha spiegato il presidente del gestore milanese, Giuseppe Bonomi, che ormai da mesi ragiona prescindendo da Alitalia. Ad esempio Air One ha aperto la tratta su Boston e Chicago. American Airlines un giornaliero su New York. Easyjet ha aumentato di 52 voli settimanali e nove destinazioni il suo network. Mentre Emirates potrebbe raddoppiare presto il giornaliero su Dubai e, cumulando il traffico di Air One e Volareweb, si arriva a più di 200 nuovi voli settimanali. Ma soprattutto: a fine aprile Sea ha stretto un accordo con Lufthansa che dal gennaio 2009 baserà a Malpensa sei nuovi aerei della controllata Air Dolomiti per coprire rotte europee a corto-medio raggio che faranno feederaggio da aeroporti secondari. Primo passo di un accordo più ampio. Insomma una riconfigurazione post Alitalia destinata ad incrementarsi attraverso un'effettiva apertura delle rotte intercontinentali che Sea chiede da tempo. «Malpensa ha la capacità di svilupparsi autonomamente da Alitalia grazie all'ingresso di nuovi operatori», si legge non a caso in un paper dell'istituto Bruno Leoni curato da Andrea Giuricin (Alitalia, Malpensa e Lufthansa, tre attori nel mercato italiano).
Eppure questa mini "secessione" aeronautica potrebbe presto interrompersi. L'esigenza di un salvataggio di Alitalia potrebbe spingere un Pdl uscito meridionalizzato dal voto di aprile a risucchiare Malpensa nella palude di un piano "nazionale" pro Magliana. Come? «Ad esempio impedendo la liberalizzazione delle rotte su Malpensa causa necessità di proteggere il vettore di bandiera», ragiona un esponente leghista di peso. «Fino a ieri ci hanno detto che Malpensa e Alitalia erano ormai due cose separate. Il rischio, adesso, è che tutto torni in gioco a danno della mobilità e dello sviluppo del nord». Proprio per scongiurarlo, l'altro giorno il Carroccio, contestualmente all'approvazione del prestito ponte da 300 milioni, ha presentato un Odg che chiede tassativamente la ri-negoziazione dei bilaterali da Malpensa che la stessa Sea invoca su circa 25 destinazioni .
Non è scontato. Per garantire alla "nuova" Alitalia il 75% del mercato domestico, è necessario trattenere il maggior numero di rotte da Malpensa. Soprattutto in chiave anti Lufthansa, cioè il maggior competitor guardacaso alleato con il gestore milanese. Un vettore già oggi leader nel traffico business intercontinentale nel nord Italia, che feedera molto dal lombardoveneto verso i suoi hub di Monaco, Francoforte e Zurigo e fa code sharing con Air One. Di qui le difficoltà politiche, del governo, nel conciliare due strategie agli antipodi : salvare quel che resta di Alitalia, garantire lo sviluppo di mercato di Malpensa. Con il rischio «che un'Alitalia morente trascini nella sua agonia anche Malpensa» come chiosa, malizioso, il presidente della provincia di Milano, Filippo Penati (Pd).

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