«Tutti parlano di cordate, salvataggi, commissariamenti, ma nessuno dice cosa succederà ai piccoli azionisti di Alitalia», scrive Eroe64 su un forum online di finanza. «Qualcuno mi può dire dove andranno i miei soldi?», si chiede alla fine. «Persi definitivamente», gli risponde secco un tale che si cela sotto il nomignolo di Ucciso. «Sembra che si voglia fare come con Parmalat», incalza Maverk, che non dispera di portare a casa qualche soldino. Parrebbero ragionamenti da day trader: ingenui fin che si vuole, ma con una logica da piccoli investitori. Invece basta scorrere i tanti post su Internet per accorgersi che ad animare il dibattito su Alitalia è la politica, più che le considerazioni finanziarie. E c'è da sorridere nel leggere certi commenti: perché questi piccoli azionisti sono divisi tra chi ha fede in Berlusconi e chi taccia il presidente del Consiglio con epiteti che non si possono riportare.
Del resto tutto era iniziato tra marzo e maggio, quando molti di loro finirono per acquistare Alitalia, suggestionati da quei politici che dicevano di non voler «svendere» la compagnia ai francesi. Ma per capire l'insano proposito di mettersi a speculare su una società di fatto in bancarotta, occorrerebbe risalire con gli anni, quando il titolo quotava talmente caro e solo per l'errata convinzione che il Governo non avrebbe mai lasciato fallire la compagnia. Ancora adesso sfugge ai più il sacrificio per gli azionisti imposto dalla legge Marzano o da una sua variante. «Avete creduto in Berlusconi, ben vi sta», irridono alcuni day trader che parrebbero di sinistra, come un tale Warren Buffett o un inequivocabile Ultimo komunista. «Ci penserà Silvio», risponde il devoto SuperScalper. Al quale fa eco la candida fede di Federica P: «Le nostre azioni? Restano le stesse. Al massimo faranno un aumento di capitale, ma non credo». (W. R.)
