Il salvataggio di Freddie Mae e Fannie Mac ha avuto un indubbio vantaggio sui titoli bancari: ovvero rimuovere quelle incertezze legate ai rischi di fallimento delle due agenzie americane che da settimane aleggiavano sulle Borse di tutto il mondo. Una prospettiva che se da un lato ha contribuito ad alleggerire il clima tra gli operatori, dall'altro non ha intaccato le variabili legate alla qualità del credito degli istituti bancari. In particolare in Europa dove si assiste ad uno scenario in cui l'attività di funding è sempre più costosa, la crescita dei crediti in sofferenza è superiore di quella degli impieghi, con la crisi dei mutui che non accenna a placarsi.
In questo contesto, il sistema bancario italiano è ancora una volta in controtendenza specialmente se confrontato con quello spagnolo, inglese e irlandese i più esposti: un report di Ubs consiglia di sottopesare le banche spagnole e portoghesi a favore di quelle italiane perché meno rischiose e con una qualità del credito migliore. Alla base di questa valutazione, ci sono considerazioni legate all'indebitamento delle famiglie e all'andamento del settore delle costruzioni che come spiega Matteo Ramenghi, analista di Ubs, andranno ad incidere sui risultati di fine anno delle banche.
Dottor Ramenghi, secondo la vostra analisi, le banche spagnole sono diventate più rischiose di quelle italiane. Come si è arrivati a questa situazione?
Bisogna ricorrere ai dati fondamentali delle rispettive economie. Basti pensare che l'indebitamento delle famiglie in Spagna e Portogallo ha toccato il 110% del reddito disponibile, livello paragonabili agli Stati Uniti e superiore a quelli già alti dell'Inghilterra. In Italia, al contrario, ci si ferma al 30%, il più basso in Europa. È chiaro che in questo contesto, con i tassi dei mutui in salita, la pressione delle famiglie si fa pesante con il rischio insolvenza incombente: l'impossibilità di ripagare il mutui si ripercuote inevitabilmente sulle banche. Il mercato del credito ha in parte riflesso i differenti profili di rischio e il prezzo dei credit default swap delle banche spagnole, ovvero le assicurazioni contro il rischio insolvenza, sono cresciuti 2,4 volte di più di quelli italiani.
La crisi dei mutui non sembra attenuarsi, quindi c'è il rischio di un peggioramento dell'esposizione delle banche.
A questo proposito bisogna fare riferimento alla qualità dei mutui. In Spagna la durata media dei prestiti immobiliari si aggira sui 30 anni con un finanziamento pari all'80% del valore dell'immobile. Al contrario, in Italia la media è di 15 anni per il 50% del valore. È chiaro che se l'immobile si svaluta, nel primo caso è più difficile per le banche proporre un piano di rientro alternativo o recuperare l'intero ammontare del prestito in caso di insolvenza delle famiglie. I bilanci bancari iniziano a mostrare le conseguenze di questo scenario: basti pensare che in un anno il tasso di crescita dei crediti in sofferenza in Spagna è stato del 149% contro il 14% in Portogallo ed è sostanzialmente stabile in Italia. Gli impatti negativi sono per il momento limitati dalla normativa spagnola che nel passato ha obbligato le banche a costituire riserve particolarmente capienti, ma oggi quel cuscinetto si sta assottigliando con evidenti rischi per il sistema bancario del Paese.
Tutto questo come si ripercuote sui titoli delle banche?
Nonostante la forte crescita delle sofferenze, le banche spagnole non hanno aumentato significamente i propri accantonamenti facendosi forti delle riserve costituite in passato. Questo ha consentito di mantenere alto il livello dei profitti. Per questo nell'ultimo anno i titoli degli istituti spagnoli hanno performato in Borsa meglio (del 22%) rispetto a quelli italiani, incorporando un premio che riteniamo ingiustificato. Al momento trattano con multipli del patrimonio netto del 30% superiori rispetto ai titoli italiani: un livello che non è più sostenibile.