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Quel «piano-B» in alternativa ad Af

di Pier Luigi Bersani*

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7 Settembre 2008

Oggi nel caso Alitalia l'argomento che giustifica è: dopo Air France non c'era altra soluzione. A questo proposito vorrei fare una precisazione che forse contiene una piccola notizia. Nelle ore a ridosso delle elezioni lavoravamo per avvicinare le posizioni di Air France e dei sindacati e per ottenere qualche ulteriore garanzia "nazionale". Si era a un passo dal chiudere con una soluzione che, lo ripeto, avrebbe avuto minori costi sociali, maggiore proiezione industriale, nessun debito a carico dello Stato e pieno rispetto della concorrenza e dei diritti di terzi. Quanto alle garanzie di sistema, i soldi pubblici sarebbero stati meglio spesi eventualmente rafforzando la presenza italiana nell'azionariato di Air France-Klm-Alitalia secondo il principio, in vigore fino alla nouvelle vague nostrana di oggi, che è meglio essere protagonisti di una cosa grande che essere padroni di una cosa piccola. Così fan tutti al mondo, tranne noi! Esisteva un piano B nel caso malaugurato di definitiva rottura? Sì, esisteva un piano B e me ne stavo occupando personalmente. Prevedeva l'immediato commissariamento ai sensi della Marzano, modificata solo e semplicemente nel rendere flessibili e rapide le possibilità di cessione e nel garantire per un periodo breve alcuni aspetti di operatività.

Il commissariamento sarebbe avvenuto su tutto il perimetro di Alitalia, sarebbe stato affidato ad una personalità autorevole in campo nazionale e internazionale già individuata, sarebbe stato nel solco delle norme vigenti in materia di concorrenza, dei diritti di terzi, di ammortizzatori sociali. Per questa via si riteneva non impossibile trovare una soluzione dolorosa ma accettabile, eventualmente già organizzata su offerte congiunte fra operatori internazionali e attori nazionali. Tutto precipitò, come è noto, mentre ancora si tentava di perfezionare l'intesa con Air France.
Dopo le elezioni il nuovo Governo (quello del dialogo!) si guardò bene dal chiederci un'opinione, né fu mai consentito un minimo di discussione in sede parlamentare. In ogni caso, perché il nuovo Governo una volta rifiutata Air France non prese autonomamente la strada che noi avevamo considerato? Evidentemente perché l'Onorevole Berlusconi aveva garantito non un commissario, ma una soluzione già pronta; un commissario libero di agire sarebbe stata una sconfessione inaccettabile. È stata questa l'origine di ogni distorsione. Trovare una soluzione facendo un vestito su misura è improvvisamente diventato l'imperativo. Una "terza Camera" si è messa all'opera. Da qui la bad company, le deroghe alle norme sulla trasparenza, sulla concorrenza, sul rispetto dei diritti terzi, sul lavoro; da qui gli oneri (alla fine almeno un miliardo) a carico del contribuente. Non voglio qui ripetermi con l'elenco dettagliato delle forzature. Marginalmente, ricordo che si è persino venuti meno alla garanzia di continuità aziendale certificata dal Tesoro sulla basa della quale fu approvato l'ultimo bilancio di Alitalia; ricordo che si ha intenzione di indirizzare i danneggiati verso il fondo allestito per le frodi finanziare! In questi giorni, fra l'altro, non si capisce più la differenza fra il Governo, il commissario, l'advisor, i responsabili dell'offerta con buona pace di ciò che scrive il ministro Brunetta a proposito di gara fra diversi soggetti.

Ma veniamo adesso agli imprenditori. Ho visto all'opera alcuni di loro che stimo profondamente, a cominciare dal presidente Marcegaglia. Una stima che non viene meno oggi. Se quella stima è almeno in parte ricambiata mi si consentirà di rendere pubblico qualche amaro e franco interrogativo. Come si potrà da qui in poi parlare di concorrenza in servizi di ben minor rilievo rispetto a quello aereo? Come si potrà parlare credibilmente di piccola impresa, di tutela dei creditori e dei risparmiatori, di ruolo regolatore dello Stato senza cadere in doppi standard? Quanto alle grandi imprese, se nel medio periodo si affacciasse l'esigenza di difendere la bandiera in un eventuale caso Telecom o in un caso Edison ci sarebbe la stessa mobilitazione o questo dipenderebbe dal grado di coinvolgimento politico del Presidente del Consiglio di turno? Nel caso poi delle ferrovie dovremmo ragionare nello stesso modo? Dove sono finite le vibrate richieste degli scorsi mesi di tutelare a fini di sviluppo questo o quell'aeroporto?
Questi ed altri interrogativi che potrei avanzare non mi portano dalla parte del tanto peggio tanto meglio. Saremo tutti impegnati affinché la vicenda si chiuda alla meglio possibile e perché le responsabilità politiche siano ben distinte dalle disponibilità imprenditoriali. Non è certo colpa degli imprenditori se abbiamo un Presidente del Consiglio che (dalla Libia all'Italia) ama fare bella figura a spese dei contribuenti. Tuttavia questa vicenda è destinata a lasciare nei prossimi anni un segno da cui non sarà agevole prescindere. Spero che, almeno su questo, si possa convenire.

*Ministro dell'Economia nel governo ombra del Pd

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