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Non è più tempo di veti

di Franco Locatelli

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Sabato 13 Settembre 2008

Proprio in queste ore di stallo al tavolo Alitalia si comprende meglio perchè sia Cai oggi, sia Air France lo scorso inverno abbiano sempre considerato l'accordo con i sindacati una condizione pregiudiziale per una svolta netta nella storia della compagnia di bandiera.

Ridurre i costi e in primo luogo quelli del personale, non essendo controllabili quelli del carburante, e impostare in termini del tutto nuovi e senza ingiustificate egemonie sindacali le relazioni industriali sono le basi di partenza per voltare pagina e trasformare l'Alitalia da carrozzone mangiasoldi in impresa capace di stare sul mercato con le sue sole forze e insieme a un grande partner internazionale. La prima e decisiva scommessa sulla nuova Alitalia passa da qui, ma vincerla è quasi proibitivo, perché la discontinuità sindacale è forse ancor più problematica della discontinuità aziendale.

I sindacati dell'Alitalia e in particolare quelli dei piloti sono stati finora gli arbitri inflessibili e i killer spietati di tutti i piani di rilancio della compagnia: con la compiacenza interessata di uno schieramento politico trasversale e avido di consensi e rendite elettorali, furono loro ad affossare il piano Mengozzi del 2003 e furono un'altra volta loro, all'inizio del 2008, a costringere Air France ad abbandonare la partita.

C'è chi dice che per indurre i sindacati dell'Alitalia ad uscire dalla loro fortezza ci vorrebbe una nuova marcia dei quarantamila come quella dei quadri della Fiat il 14 ottobre del 1980. Ma, se la palingesi deve passare attraverso una rottura traumatica con il passato, l'ipotesi del fallimento di Alitalia, che rischia di avvicinarsi sempre di più, non è da sottovalutare. Bisogna sperare che la ragione prevalga sulle paure, ma quando la sindrome di Frank Lorenzo, l'energico e indimenticabile capo della Continental Airlines dei primi anni 80, atterra sulle piste di Fiumicino e della Malpensa governare le passioni e i timori di perdere posti di lavoro e stipendi diventa molto difficile. In America Lorenzo era diventato l'incubo dei lavoratori delle vecchie linee aeree.

Nel 1982 pilotò la Continental, ormai in agonia, alla bancarotta. Poi stracciò i contratti sindacali, licenziò migliaia di lavoratori e assunse dei sostituti dei piloti e degli assistenti di volo in sciopero. Subito dopo offrì ai nuovi assunti la metà dello stipendio dei vecchi dipendenti e aumentò le loro ore di lavoro. Lorenzo venne considerato un demone dai sindacati ma la storia gli ha dato ragione perché riuscì a far decollare la nuova Continental. Nella cordata del progetto Fenice non c'è nemmeno l'ombra di Frank Lorenzo e le proposte che la nuova compagnia avanza possono essere migliorate ma non sono nemmeno lontamente paragonabili a quelle, durissime ma vincenti, della Continental.

Però una cosa è certa: al di là di tutti i possibili sviluppi delle attuali trattative, la vecchia Alitalia non esiste più ed è impensabile che possano sopravviverle i privilegi e le inefficienze che hanno rovinato la compagnia di bandiera. Il futuro, roseo o cupo che sia, sarà diverso. Tagliare i posti di lavoro e gli stipendi non è mai gradevole per nessuno e la trattativa serve a trovare un ragionevole punto d'incontro tra le parti, ma oggi l'unica alternativa ai sacrifici è il definitivo fallimento della società. Non è un'opinione ma la realtà prodotta da una catena infinita di errori nella quale la miopia sindacale e politica ha fatto la sua parte.

Al punto in cui siamo, il piano Fenice, che non è certo privo di debolezze e non è certo il migliore degli ultimi anni, è l'unico realmente in campo ed è l'unico che può salvare il salvabile. Quando si parla di Alitalia il rischio di scadere nella retorica è sempre dietro l'angolo, ma dire oggi che il piano Fenice è l'ultima spiaggia è ormai una semplice constatazione. Sperare che decolli non è di destra o di sinistra ma è solo buon senso. Per i bilanci e le polemiche politiche ci sarà tempo dopo.

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