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Arpe: «Il ruolo storico di Mediobanca? Essere contraltare della politica»

di Milena Gabanelli

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9 Settembre 2008
Blog
Finanza&Potere
di Giuseppe Oddo

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All'epoca dei noti crack, avete rimborsato 40 milioni di perdite ai correntisti che avevano investito nei bond Cirio, Parmalat, Giacomelli; lei ha detto: «Per interrompere una catena che riduceva la fiducia dei clienti nei confronti della banca». Lodevole, però eravate anche la banca più coinvolta, vuol dire che Banca di Roma andava oltre quella che era la sua mission.
Avevamo meno del 7% della quota di mercato del credito italiano e oltre il 30% delle sofferenze. Dopo 5 anni - sono dati ufficiali - la qualità dei crediti era tra le migliori del Paese, che vuol dire ridare competitività al territorio, anziché deformare la concorrenza. Mi spiego: se due imprenditori vogliono comprare lo stesso asset e uno sa che ottiene 100 e rimborserà 50, per lui l'effettivo costo dell'operazione è 50, per l'altro il costo è 100. Quindi vincerà sempre quello che ha ottenuto il credito in maniera sbagliata.

Ci furono anche delle erogazioni non autorizzate, che proprio lei denunciò alla procura di Roma. Che cos'era successo esattamente?
L'ispettorato interno ha rilevato che c'erano alcuni dipendenti della banca che avevano forzato i sistemi di controllo e avevano erogato all'esterno 200 milioni di euro non supportati da alcuna delibera. Non era possibile fare questo senza la compiacenza di qualche importante funzionario della banca, in questo caso erano più soggetti che sono stati identificati e licenziati.

In casi del genere le azioni le concordava con Geronzi?
Nel caso specifico Geronzi sapeva del problema, ma non ha seguito i dettagli delle azioni di recupero.

Nel processo Parmalat ha un rinvio a giudizio. La questione riguarda le acque minerali Ciappazzi, un'azienda che non aveva neanche la licenza per imbottigliare, che Tanzi compra da Ciarrapico (molto esposto con Banca di Roma). La contropartita sarebbe un prestito a Parmatour. Ma la società è decotta e lei perciò si rifiuta. In sua assenza viene fatto un prestito a Parmalat, ma lo stesso giorno i soldi transitano sul conto Parmatour. Veramente lei non ne sapeva niente?
Non partecipai né a riunioni né a delibere perché in quel periodo ero in giro per l'Europa e negli Stati Uniti a presentare il primo piano industriale. Comunque l'accusa contro di me è di non aver impedito a terzi di commettere i reati ipotizzati. Sono certo che dal processo emergerà la verità.

Nel 2006 mentre Geronzi è fuori dalla banca per un provvedimento d'interdizione relativo al crack Parmalat, lei blocca una presunta scalata di Intesa. Esattamente che cosa è avvenuto?
Di fronte a continue indiscrezioni e al mercato in preda alle speculazioni, abbiamo comprato il 2% dell'altra banca. La verità però è stata deformata e questo acquisto è stato presentato come un atto volto a proteggere la mia posizione. L'operazione per la quale avevo deleghe sufficienti fu invece da me rimessa nelle mani del cda, ponendo l'unanimità - che ci fu - come condizione per effettuarla. Il presidente non c'era, ma non credo che abbia appreso la notizia dai giornali.

Febbraio 2007: Geronzi, attraverso il presidente del patto di sindacato, chiede le sue dimissioni, perché?
Avviene a valle di una seconda sospensione per la condanna nel processo Bagaglino, e secondo normativa spetta ai soci deliberare la riammissione. Uno dei pretesti fu il timore che io sobillassi quella parte di investitori internazionali con i quali ho un ottimo rapporto, che ha sempre supportato la banca e vedeva in tutte queste vicende qualcosa di assolutamente anomalo e inusuale, per intervenire e votare contro il patto di sindacato. Cosa che non è successa.

Lei non ci ha neanche provato a parlare con i soci?
Avevo parlato con i soci per cercare di mantenere una situazione di stabilità.

Per stabilità s'intende che Geronzi doveva star fuori o che doveva star dentro?
Era chiaro che Geronzi tornava dentro, ma bisognava evitare eventuali uscite dall'azionariato, che avrebbero certamente danneggiato l'azienda.

Quindi Geronzi la costringe ad andarsene perché teme che sia lei a voler far fuori lui?
Non è il tipo da temere queste cose. Credo che la ragione fosse dovuta al fatto che stava già pensando all'aggregazione e voleva avere la discrezionalità al 100 per cento. Era evidente che in questo piano la mia presenza non era funzionale all'obiettivo.

Capitalia non c'è più, Geronzi chiede pieni poteri, come avevano Cuccia e Maranghi. Secondo lei vuol fare a Milano, con il blasone di Mediobanca, quello che faceva a Roma?
  CONTINUA ...»

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