La sua tomba non è proprio modesta, nel cimitero cattolico di Colma, Baia di San Francisco: non la scelse lui, che visse sempre senza fasti, e che fu dopotutto il più grande banchiere del mondo, per depositi e giro d'affari, nei primi anni del secondo dopoguerra, poco prima della morte nel '49. Ma in quella tomba Amadeo P. Giannini, AP per tutti gli italiani di San Francisco e dintorni, certamente se la ride. Wall Street è nei guai. E la sua Bank of America, sia pure ben diversa oggi da come la lasciò, acquistata in momenti difficili 10 anni fa dalla Nations Bank di Charlotte, North Carolina, e lì trasferita ma con il tutto sotto il nome e le vecchie insegne di Bank of America, ha saldamente ripiantato domenica a Wall Street una bandiera che Amadeo riuscì a innalzare solo per pochi anni, 60 fa. E ha vinto una lunga battaglia- AP ne fu l'incarnazione-fra due concezioni del modo di fare banca.
L'acquisto, domenica per 50 miliardi di dollari, della disastrata Merrill Lynch, terza powerhouse di Wall Street, viene dopo i 6 miliardi di dollari per il gigante ( ancor più disastrato) dei mutui Countrywide del disinvolto Angelo Mozilo, accordo perfezionato il 1 luglio scorso. Il tutto è la vittoria del retail banking, dello sportello,sulla finanza più sofisticata. È la vittoria degli eredi, per quanto indiretti, dell'anti-Morgan,del creatore del retail banking Amadeo P. Giannini. Nato a San José nel 1870, ma la sua famiglia è originaria di Favale di Malvaro (Genova), banchiere dal 1904 con la sua Bank of Italy, è una figura carismatica che i vecchi italoamericani e i molti liguri della Baia ancora ricordavano, negli anni 60, in giro con il calesse e poi con la Packard nera in cerca di piccola gente da far crescere. «Il little fellow, la persona qualunque, è il cliente migliore che una banca possa avere- dichiarava Giannini a una Commissione del Congresso nel 1930 perché resta con voi. Incomincia con voi e rimane sino alla fine. Mentre il pesce grosso resta con voi solo fino a quando può trarre qualche vantaggio, e poi vi abbandona ». Due anni dopo la fondazione della banca ci fu il terribile terremoto di San Francisco, 18 aprile 1906. Bruciò tutto. AP salvò 86 mila dollari, con una carriola, e il 19 aprile era sul molo a imprestare denaro sotto la scritta
Banking as usual-Open for business che fu l'inizio della sua leggenda. Nel 1910 gestiva 6,5 milioni di dollari e non frequentava, a differenza degli altri banchieri di San Francisco, il Pacific Union Club in cima a Nob Hill. Non era il suo mondo. Allora quasi nessuno Stato permetteva il branch banking, la creazione di filiali, e la California malamente lo tollerava. Il banchiere aveva una sola sede, per la clientela rispettabile. Presto arrivò ad avere cinque sportelli. Nel 1919, anno in cui la First National di New York fu la prima a doppiare il miliardo, Giannini arrivava a 157 milioni, e al miliardo nel '29, poco prima della crisi. Il nome era stato cambiato nel '27, da Bank of Italy a Bank of America. Era un salto. Nel 1919 fu creata la Banca d'America e d'Italia, controllata italiana, un marchio ben noto.
Wall Street, dove Giannini sbarcava nel 28, non amava questo personaggio, sicuro di sé, che non aveva mai chiesto prestiti interbancari per crescere, e senza complessi nei confronti di quelli che ormai erano mostri sacri della finanza e si atteggiavano a padroni dell'America, e salvatori (con i prestiti) dell'Europa. Il piano di Giannini era di ricreare, con i piccoli italiani e non di Brooklyn, la rete di clienti retail che le altre banche snobbavano. Giannini cercò alleanze fra il sangue blu, con il fratello Attilio, medico e suo stretto collaboratore, che lo sconsigliava: «Sbagli. Questa gente non avrà mai simpatia per noi, per quelli come noi, mai. Ci disprezzano. A loro non piacciono gli italiani. Non gli piacciono i clienti di Brooklyn e del Bronx».
I soci, sangue blu di Wall Street, approfittando di una malattia di Giannini e della sua assenza in Europa, incominciarono a smembrare il suo impero, basato su una holding, Transamerica, e sulle due Bank of America, di San Francisco e New York. Giannini tornò, guarito e galvanizzato, strapazzò i soci, corse in California, raccolse con una memorabile campagna in tutto lo Stato le deleghe del suo azionariato diffuso, portò un manipolo di fedelissimi a New York, e in una delle più epiche battaglie della storia corporate americana, a Wilmington, Delawere, il 15 febbraio del 32, si riprese tutto. Cacciò Elisha Walker, sangue blu di Wall Street, suo ex socio, e il di lui assistente Jean Monnet, il futuro padre dell'Europa comunitaria. Tredici anni dopo Giannini era il più grande banchiere del mondo, superando First National e Chase Manhattan.
Da allora le vicende furono alterne. Ci furono epiche lotte con la Fed, sempre contraria a banche interstatali, l'impero fu spezzato dalla legge bancaria del '56, riottenne spazi grazie a quella del '67, fece importanti acquisizioni, fu messo in ginocchio nell'86 soprattutto da prestiti in America Latina (qui avvenne la vendita della Banca d'Americae d'Italia a Deutsche Bank), ebbe forti perdite in seguito alla crisi del rublo del '98, e alla fine fu acquistato da Nations Bank, erede di una vecchia banca creata in North Carolina, nel Sud sconfitto, nel 1874. Il Sud, come la California, non ha mai avuto un grande feeling per Wall Street. E l'acquisto di Merrill Lynch, creata nel '14, proprio quando a Manhattan si stava trasferendo rapidamente il primo centro finanziario mondiale, non solo riporta Bank of America al primo posto fra le banche americane. Ma è la risposta della "provincia" alla crisi di Wall Street.