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Quello che spaventa maggiormente, tuttavia, non è la proprietà statale di un pezzo importante dell'economia americana. Nel giro di qualche anno, queste imprese potranno essere riprivatizzate. L'eredità più pesante di queste decisioni è la convinzione diffusa che se un'impresa è sufficientemente grande, il governo interverrà sempre a protezione dei creditori. Il salvataggio di Aig ha esteso a tutte le grandi imprese quella garanzia implicita che ha permesso a Fannie Mae e Freddie Mac di espandersi a spese del settore privato, finendo però per imboccare la via del disastro. Questa garanzia permetterà a tutte le grandi imprese di finanziarsi a tassi più bassi dei loro concorrenti di dimensioni più ridotte, distorcendo la libera concorrenza.
Joseph Schumpeter, il grande economista austriaco approdato ad Harvard, individuò l'essenza del capitalismo nella sua capacità di distruggere e ricreare, inscindibilmente. È il fallimento dei modelli di business obsoleti che crea lo spazio per le nuove imprese, portatrici di innovazione e progresso. Il salvataggio di Aig - e la garanzia implicita estesa da questa decisione d'emergenza alle grandi imprese - non solo promette di bloccare per i decenni le forze distruttrici del capitalismo, ma ne congela anche la forza propulsiva. Segna la fine del capitalismo come lo abbiamo conosciuto finora. E lascia temere che, in una regione dell'economia globale chiamata Italia, siano da oggi più deboli le ragioni di quanti stanno lavorando alla definitiva uscita dello Stato da una grande impresa chiamata Alitalia: da molto tempo distruttrice di valore.