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Unicredit non aumenta il capitale, ma crea una Siv da 1,5 miliardi

di Paolo Madron

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27 Settembre 2008

Con un socio che qualche giorno fa è andato a trovarlo per chiedergli numi sulle insistenti voci di un imminente aumento di capitale, un infastidito Alessandro Profumo è stato tranchant: non se ne parla proprio, sono fole messe in giro dai nemici della banca («che in questo momento sono molti», ha velenosamente aggiunto il manager), fole per di più enfatizzate dai rovesci di Borsa del titolo. L'amministratore delegato di UniCredit ha avuto buon gioco a smentire: il capitale della banca infatti non aumenterà pescando a piene mani nel portafoglio dei soci, che di questi tempi grami tutto vogliono meno che tirar fuori soldi, ma grazie ad un'iniziativa che ha già avuto il via libera dei loro rappresentanti in cda.

Si tratta di una società veicolo di diritto irlandese, che dovrebbe essere creata con Merrill Lynch, di cui l'istituto di Piazza Cordusio avrà il 51%, e che è destinata a contenere 1,5 miliardi di titoli - in maggioranza crediti di buona qualità, ma anche distressed - che ora pesano sul suo portafoglio. Gli americani, che vi apporteranno lo stesso importo in contanti, ne percepiranno in quota parte gli utili e in quanto gestori godranno delle normali commissioni. La joint venture è già stata approvata anche dal cda di Bank of America, ovvero il fresco proprietario della blasonata banca d'affari di Wall Street finita anche lei nel ciclone dei subprime, e che se non fosse stato per l'intervento salvifico di Bofa stava laconicamente emulando il triste destino di Lehman Brothers.

Il fatto di detenere la maggioranza assoluta della società consente a UniCredit di consolidarla nel suo stato patrimoniale alzando il livello del suo Tier 1, ovvero il parametro principe che dà la misura della solidità finanziaria di una banca. Quello di UniCredit a giugno era del 5,55% con l'obiettivo più volte ribadito da Profumo, l'ultima in occasione di un incontro organizzato proprio alla vigilia del collasso da Lehman Brothers, di arrivare per la fine dell'anno al 6,2% e al 7,1% nel 2010. Un traguardo che, nonostante le assicurazioni date dal banchiere italiano più apprezzato in Europa, ha sempre visto gli analisti manifestare un certo scetticismo.

Inutile dire che nelle intenzioni di Profumo l'accordo - che dovrebbe essere siglato con Merrill Lynch, anche se negoziati sarebbero ancora aperti con altre banche - dovrebbe servire a diradare il clima negativo che da qualche settimana sta gravando sulla banca: rumors di possibili strascichi del fallimento Lehman sulle gestioni targate UniCredit, unitamente a quelli sull'ineludibile aumento di capitale per rimpinguare le casse, in quest'ultima settimana hanno portato il titolo a perdere oltre il 6%, inchiodandolo a un prezzo poco superiore ai 3,3 euro. Lo scorso 18 settembre, scendendo a 3,09 euro, aveva toccato in Borsa il minimo degli ultimi cinque anni.

Sperando che il salvataggio senza precedenti che il governo americano, Congresso permettendo, ha in animo per sollevare le sorti di Wall Street dia i frutti sperati, Profumo dunque risponde alla comunità finanziaria che dubita della solidità patrimoniale del suo istituto mettendo in vendita una serie di asset. La joint venture con asset in titoli è solo il primo passo, poi toccherà agli immobili del gruppo. Lo scorso luglio UniCredit aveva fatto sapere di voler completare il processo di valorizzazione del suo patrimonio conferendo a un apposito fondo immobili per 1,7 miliardi di euro, a fronte di un portafoglio complessivo che dopo l'incorporazione di Capitalia arriva a 5 miliardi. Naturalmente la notizia aveva subito innescato la corsa a gestirlo da parte di quasi tutti i protagonisti del mercato, da Pirelli Re a Generali Properties, da Banca Finnat a Beni Stabili.

E anche se ufficialmente non è stata presa alcuna decisione, a sentire le voci di corridoio sembra che in pole position, oltre alla Banca Finnat dei Nattino, ci sia un attore che ha fatto di recente il suo ingresso sul mercato: la De Agostini. Alla fine di luglio infatti il gruppo di Novara ha annunciato l'acquisizione, attraverso la controllata Dea Capital, di First Atlantic Real Estate Holding, uno dei principali operatori italiani del settore.
paolo.madron@ilsole24ore.com

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