ILSOLE24ORE.COM > Notizie Finanza e Mercati ARCHIVIO

I deputati Usa bocciano Bush

di Marco Valsania

commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
30 SETTEMBRE 2008

Lo shock è arrivato quando i «no» hanno cominciato a superare i «sì». Quando, poco prima delle due di pomeriggio ora americana, la conta dei voti sullo storico piano di salvataggio della finanza americana ha visto 197 contrari e 195 a favore.Presagio,nell'incredulità generale, di una bocciatura finale senza ombra di equivoci, 228 voti contro 205 alla Camera dei deputati, che ha fatto precipitare i mercati e inaugurato una crisi politica ed economica senza precedenti nella recente storia americana.

Il dramma politico si è consumato nella confusione: con l'indice Dow Jones che cadeva di oltre 700 punti, più di un punto per ciascuno dei miliardi di dollari promessi dal progetto anti-crisi, nell'aula del Congresso il voto è rimasto a lungo formalmente « aperto». Il tentativo è stato quello di trovare in extremis strade per un nuovo, rapido voto.Fino alla resa,subito rimbalzata da Capitol Hill alla Casa Bianca: il presidente George W. Bush ha convocato un summit d'emergenza dei suoi più stretti collaboratori, dal ministro del Tesoro Henry Paulson al governatore della Federal Reserve Ben Bernanke. Dal vertice è uscito con una secca dichiarazione,impegnandosi a non cedere le armi: «Sono deluso- ha detto- ma continueremo ad affrontare la crisi con determinazione ». Dichiarazione cui è seguita in serata una decisione drastica: il presidente Usa ha autorizzato l'utilizzo del fondo di stabilizzazione dei cambi per garantire il rifinanziamento del mercato.
Dalla campagna presidenziale, è giunto anche un invito alla calma dal candidato democratico Barack Obama: «Ho fiducia che arriveremo a una soluzione, ma sarà un percorso difficile». Una riapertura del negoziato, per riportare in carreggiata il salvataggio, è possibile, forse probabile; un nuovo voto potrebbe avvenire tra mercoledì e giovedì.

Esponenti sia repubblicani che democratici hanno parlato di «linee di comunicazione» che restano aperte. «Siamo pronti a continuare a lavorare», ha detto il chairman democratico della Commissione Servizi Finanziari Barney Frank. «La legge è stata bocciata, ma la crisi resta», ha aggiunto la speaker democratica della Camera Nancy Pelosi.

Ma il voto di ieri ha scatenato anche pesanti scambi di accuse che potrebbero complicare ogni trattativa. I leader democratici hanno accusato gli avversari di aver tradito l'impegno a garantire sufficienti voti: sette deputati repubblicani su dieci hanno bocciato il piano. A favore, invece, si è pronunciato il 60% dei democratici. I repubblicani hanno risposto che sono stati i leader rivali, soprattutto la Pelosi, a essere costati almeno una dozzina di voti con discorsi troppo duri in aula.
Il voto alla Camera ha fatto deragliare un accordo raggiunto domenica, a coronamento di una maratona negoziale tra i leader del Senato e della Camera. Il compromesso sul progetto da 700 miliardi di dollari per acquistare asset "tossici" dalle società finanziarie era stato sancito dopo che una rivolta di deputati conservatori, contrari ai salvataggi pubblici, aveva paralizzato precedenti intese. A ricucire lo strappo erano stati per i democratici, oltre alla Pelosi e a Frank, il leader del Senato Harry Reide il chairman della Commissione bancaria del Senato Christopher Dodd. Per i repubblicani, in prima fila nelle trattative si erano distinti il senatore Judd Gregg e il deputato Roy Blunt.

Nelle 110 pagine del piano concordato erano stati inseriti due emendamenti per venire incontro ai critici: il Congresso, dopo cinque anni, avrebbe potuto orchestrare un meccanismo per recuperare dal settore finanziario eventuali perdite sostenute nel rilevare e rivendere gli asset in crisi. Questo era un punto caro a democratici e repubblicani moderati. Il Tesoro avrebbe inoltre offerto alle società in difficoltà di assicurare invece di cedere gli asset, in cambio del pagamento di un premio. Questa era una richiesta repubblicana, per contenere i costi. Nel piano erano inoltre rimaste misure popolari quali una robusta supervisione congressuale del piano. E soprattutto limiti ai compensi e alle buonuscite dei dirigenti delle società assistite. Il governo, infine,avrebbe ricevuto diritti all'acquisto di partecipazioni azionarie nelle società di cui compra gli asset, come ulteriore garanzia per il contribuente. Paulson, prima ancora della bocciatura alla Camera, aveva messo in chiaro l'urgenza di agire: «Il piano deve funzionare e lo faremo funzionare». E subito dopo il no dei deputati, non si è arreso: «Siamo pronti- ha detto- a usare tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione a difesa dei mercati. Sono contrariato - ha aggiuntoma intendo continuare a lavorare con il Congresso».

RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio
L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER   
Effettua il login o avvia la registrazione.