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Est Europa, la gelata dei mercati affonda le valute

di M.Mantero e F. Mancini*

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23 ottobre 2008


Venti di crisi sempre più forti su tutti i Paesi dell'ex blocco comunista a causa della crisi finanziaria globale. Tutti dipendono dai flussi di investimenti dall'estero per finanziare la crescita e, in alcuni casi, i deficit correnti, ma l'afflusso si è quasi prosciugato a causa della crescente avversione al rischio e dell'uscita degli investitori dagli asset rischiosi e dalle economie emergenti.

Le banche centrali e i Governi dei Paesi emergenti dell'Europa centro-orientale non possono permettersi di immettere decine di miliardi di euro nelle banche e nei circuiti monetari come i loro omologhi occidentali e un numero crescente di Paesi ha chiesto il sostegno straordinario da parte del Fondo monetario internazionale (Ungheria, Ucraina, Bielorussia). L'ondata della crisi ha colpito per prima e pesantemente l'Ungheria a causa dell'ampia esposizione debitoria in valuta estera del Paese, piuttosto diffusa sia a livello imprese sia a livello famiglie e i conseguenti timori sulla solidità delle sue banche.

Il premier ungherese Ferenc Gyurcsany ha parlato di «una forte pressione della speculazione» contro la valuta nazionale, il fiorino, e la banca centrale ungherese, con una mossa a sorpresa ha alzato mercoledì il tasso di riferimento di tre punti percentuali, dall'8,5% all'11,5%, nel tentativo di sostenerla, mentre la Bce ha approntato una linea di credito a favore di Budapest per 5 miliardi di euro.

Nell'overnight (il mercato ungherese resta chiuso oggi e domani per festività), il fiorino ungherese ha, comunque, toccato un nuovo minimo di 285,3 per un euro, prima di riprendersi a 281,73 (-2% da ieri e -14,4% in un mese) in una giornata di estrema volatilità e di forti oscillazioni (fino al 5% in entrambi i sensi) per tutta l'area. Fonti governative hanno affermato che Budapest è vicina a un accordo con l'Fmi, una mossa che potrebbe però non essere sufficiente ad evitare un declassamento del rating sovrano.

Sono in aumento anche le pressioni su valute ritenute più stabili come lo zloty polacco, sceso a 3,96 per un euro, un nuovo minimo dall'autunno 2007 e in calo del 4,8% da ieri e del 14,5% da inizio ottobre, mentre la corona ceca ha superato quota 26 per un euro per la prima volta da fine gennaio, per poi riportarsi a 25,96 (-1,5% da ieri e -4,7% da inizio mese). Il leu rumeno ha perso il 2% a 3,6 per un euro, la kuna croata, il dinaro serbo sono scivolati a 7,23 e 82,84 per un euro, mentre la hryvnia ucraina ha perso il 3% a un nuovo minimo di 6 per un dollaro malgrado gli interventi di sostegno che la banca centrale attua da quattro giorni.

Lo stesso rublo russo ha perso il 13% rispetto al dollaro da agosto malgrado i continui interventi della banca centrale che hanno fatto scendere le riserve russe, le più ampie del mondo, a 515,7 miliardi il 17 ottobre da un picco di 597,5 miliardi l'8 agosto. «Il movimento al ribasso per le valute minori è legato alla crisi finanziaria ed è spiegato in buona parte, con i dovuti distinguo tra i singoli paesi, dall'accresciuta avversione al rischio» registrata nell'ultimo periodo. Questo fenomeno, secondo la fotografia di Asmara Jamaleh, analista di Intesa SanPaolo, «ha portato gli investitori a uscire indiscriminatamente dai mercati emergenti».

Naturalmente ci sono casi che spiccano. uno di questi riguarda l'Ungheria che, considerata un'economia emergente come quella della Polonia, presenta squilibri strutturali domestici che sono stati amplificati dal sommovimento partito dalla crisi finanziaria. «Difficilmente queste tensioni rientreranno tanto presto, soprattutto se nel frattempo non rientreranno a livello internazionale» afferma ancora Jamaleh, secondo cui passerà molto tempo prima che «il mercato torni a guardare ai fondamentali di ogni singolo Paese» per pianificare le strategie. Proprio per questo invita a guardare al "fair value" di lungo periodo di una valuta: per esempio quello del fiorino viene indicato in area 250, anche se non di esclude una sua discesa a 290-300 sotto attacchi speculativi.

Discorso diverso per lo zloty polacco che, dopo essere stato sopravvalutato nel corso dell'estate, sta ora riavvicinando il suo "fair value" di lungo periodo che l'analista indica in area 4 per un euro. Nel frattempo il mercato sta cercando di prendere le misure dell'esposizione che la "Vecchia Europa" ha assunto negli ultimi anni sulle piazze dell'Est. Gli esperti non escludono infatti ripercussioni negative, oltre che per i rapporti di cambio di tali Paesi emergenti, anche per i legami industriali e finanziari che sono stati aperti in queste piazze emergenti. (*Il Sole 24 Ore Radiocor)

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