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Islanda sull'orlo del precipizio, banche congelate in Borsa

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6 ottobre 2008


La piccola e remota Islanda è sull'orlo del collasso: oggi in Borsa sono state sospese le contrattazioni delle sei maggiori istituzioni finanziarie - comprese quelle di Kaupthing, Landsbanki e Glitnir, le tre principali banche - mentre il governo di Reykjavik sta elaborando un piano per salvare il salvabile. Che, potere della crisi globale, potrebbe persino portare la repubblica dei ghiacci - 300 mila anime in tutto - ad entrare nell'Unione Europea. Opzione sino a poco tempo fa semplicemente impensabile.

La situazione, infatti, è seria davvero. L'Islanda - che nel corso degli anni Novanta aveva visto aumentare la sua ricchezza proprio grazie alla vitalità del settore bancario - rischia infatti il tracollo proprio a causa dell'eccessiva espansione dei suoi istituti di credito. La corona islandese - krona - ha intanto perso un quinto del suo valore contro il dollaro - nella passata settimana solamente - e il 10% nei confronti dell'euro. L'inflazione galoppa al 14% - il target della banca centrale per il 2008 era il 2,5% - e il governo è dovuto correre ai ripari comprando il 75% della Glitniril al prezzo di 600milioni di euro.

Il piano di salvataggio presentato dal primo ministro conservatore Geir Haarde prevede ora che le banche vendano parte dei loro asset internazionali riportando così in patria capitali freschi - e impedire un ulteriore deprezzamento della corona. «Le banche sono disposte a vendere i loro asset esteri e credo che questa sia una misura necessaria», ha detto Haarde dopo un fine settimana di colloqui serrati. Quindi ha garantito i risparmi dei cittadini islandesi per arginare l'ondata di panico che ha travolto la repubblica del nord. «Se ne occuperà la tesoreria», ha dichiarato Haarde.

Per evitare il peggio la banca centrale islandese - secondo quanto riportato dal quotidiano Morgunbladid - ha cercato, per ora senza successo, di far valere l'opzione di cambio-valuta con le sorelle maggiori scandinave: Norvegia, Danimarca, Svezia. E come in altre parti del mondo, il dito alla fine è stato puntato contro la scelleratezza degli operatori finanziari, considerati i veri responsabili della crisi. «L'avidità ha purtroppo controllato le loro azioni», ha detto il ministro dello Stato Sociale J¢hanna Sigurdard¢ttir. «Il sistema delle stock-option, e quindi gli stipendi da favola che hanno percepito, hanno fatto perdere loro il legame con la nazione. Dovranno imparare dai questi errori».

Il governo, per raddrizzare l'economia, ha quindi esercitato pressioni sulle sigle sindacali perchè riportino a casa i fondi pensione sino ad oggi investiti all'estero. Inoltre, l'esecutivo avrebbe chiesto il congelamento di ogni trattativa salariale. Il sindacato pare aver accettato. «Dobbiamo fare tutti la nostra parte perchè questa missione di salvataggio abbia successo», ha detto Arnar Sigmundsson, presidente della National Association of Pension Funds. La verità sembra però essere un'altra. Il sindacato avrebbe infatti chiesto come contro-partita l'impensabile: l'entrata nell'Europa Unita. Fumo negli occhi per il primo ministro Haarde, euro-scettico della prima ora.

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