L'ex presidente di Enel e Finmeccanica spiega in un'intervista sul sito Ign-AdnKronos perché condivide l'azione del Governo. «Anche Cuccia avrebbe fatto lo stesso».
Per affrontare l'attuale crisi finanziaria, «Enrico Cuccia oggi sarebbe stato sulla linea del Cavaliere, condividendone l'azione». Ma «certo non si può tornare all'Iri dopo Maastricht». Ne è convinto l'ingenere Franco Viezzoli, genovese di nascita ma istriano d'origine, 82 anni da lucido economista. Una vita trascorsa ai vertici dell'industria pubblica, la sua: dopo 25 anni all'Istituto per la Ricostruzione Industriale, è stato poi responsabile del settore manifatturiero dell'Iri e dal '76 presidente di Finmeccanica e poi dell'Enel (1987 e 1996).
Il Cavaliere del Lavoro Viezzoli è soprattutto uno che ha conosciuto da vicino Enrico Cuccia, il banchiere che fu presidente di Mediobanca, uno dei protagonisti della finanza italiana nella seconda metà del Novecento. In un'intervista a Ign, sito online del Gruppo Adnkronos, Viezzoli ha fatto il punto sulla crisi finanziaria rimarcando la necessità dell'aiuto statale per le imprese italiane.
Cosa avrebbe suggerito Cuccia per affronatre una crisi grave come quella che stiamo attraversando? «Avrebbe suggerito - è la risposta dell'ex numero uno dell'Enel - un intervento molto simile a quello fatto da Berlusconi e dal governo. L'esito per ora è molto positivo, come anche la tempestività di Palazzo Chigi nell'azione di supporto. La linea di Cuccia era e restò una: salvare il sistema industriale italiano, ma soprattutto mantenere le società del sistema Italia nel campo privato. Cuccia, insomma, rimaneva fedele al teorema della libertà delle aziende in mano ai privati».
Si può vedere nella proposta di Gordon Brown, Angela Merkel e Silvio Berlusconi di far intervenire lo Stato in soccorso delle banche una riesumazione dell'Iri, edizione 1933? «In un momento così delicato - ha risposto Viezzoli - bisogna fare qualcosa. Per salvare il sistema qualche aiuto, diretto o indiretto, ci deve essere. Ma il '33 fu cosa diversa: quell'intervento fu la salvezza del Paese. Di fatto Alberto Beneduce salvò le banche e tirò fuori dai guai pure le imprese che erano interessate dalla crisi».
Oggi, però, nessuno pensa a una nuova Iri, sostiene Viezzoli. «Lì lo Stato intervenne, ma in modo diverso da come si può fare oggi. Quel periodo ha avuto il suo tempo ed è finito. Le regole di Maastricht hanno modificato anche il sistema italiano. Dunque lo spazio d'azione odierno impone altre formule: l'intervento per le banche, ad esempio, prevede che le azioni non abbiano diritto di voto. Dunque non c'è intervento dello Stato nelle azioni delle banche. Il '33 fu cosa diversa».
Cosa deve preoccupare di più dell'attuale situazione? «La crisi di mercato industriale. Certo, ci sono shock che restano. Temo però che la ripresa non sarà molto veloce. In particolare mi danno pensiero i problemi del settore elettrico ed energetico, oggi sotto l'attenzione particolare dell'azione di governo».
Quanto alle ricette una vale per tutte: «Dare fiducia, fiducia e ancora fiducia al sistema, agli operatori in generale. Senza fiducia, infatti, è difficile se non impossibile tirarsi fuori dalla crisi. Il governo sta dando proprio fiducia al sistema, speriamo che i risultati si vedano presto».