Miracolo a Parigi, o almeno tale era apparso sabato sera: i 4 Grandi d'Europa schierati fianco a fianco allo stesso tavolo, Nicolas Sarkozy, Angela Merkel, Silvio Berlusconi e Gordon Brown insieme al presidente della Bce Jean-Claude Trichet, per lanciare a tutti, banche e risparmiatori, un messaggio rassicurante e dire che «l'Europa c'è e farà di tutto per ripristinare la fiducia crollata sui mercati in crisi».
Un'Europa sui generis, naturalmente. Non quella integrata al 100% del polo monetario unico. E nemmeno quella solidale di un piano Paulson all'europea, come vorrebbero Francia, Italia e Olanda ma non Germania, Gran Bretagna e Spagna. Piuttosto l'Europa delle vie nazionali ai salvataggi bancari e alle garanzie sui depositi (come alle politiche macro-economiche e di bilancio). Però ben decisa in futuro a non procedere più disordinatamente a ranghi sciolti ma almeno in modo coordinato, al ritmo di consultazioni continue e trasparenti. Così a Parigi.
Sono bastate 24 ore per scoprire che in realtà sul coordinamento il G-4 aveva scherzato. Peggio, che dopo aver tentato di rassicurare tutti gli altri (suscitando tra l'altro con il mini-vertice le ire dei 23 partner esclusi), alla prova dei fatti era il primo a cedere al panico. Al solito copione dell'unilateralismo selvaggio. E non con un leader qualunque, nientemeno nella persona del cancelliere tedesco.
Era stata proprio Angela Merkel infatti a lanciare i suoi fulmini contro Irlanda e Grecia che avevano osato, nel gorgo dell'emergenza bancaria, accordare la garanzia illimitata sui depositi senza informarne prima i partner. Era stata sempre lei a sbandierare ai quattro venti che il suo Governo «non avrebbe mai garantito un assegno in bianco alle banche, perché ciascuno deve prendersi le sue responsabilità e chi ha sbagliato deve pagare». Chiacchiere.
Le è bastato rientrare a Berlino e ritrovarsi alle prese con il rischio crack del colosso Hypo Real Estate per dimenticare tutti i buoni propositi europeistici e compiere esattamente gli stessi "errori" del suo collega irlandese Brian Cowen in situazione analoga ma proporzionalmente peggiore.
L'annuncio unilaterale della garanzia illimitata sui depositi anche in Germania è piombato come una bomba sul mercato unico europeo dove i capitali circolano senza frontiere. Immediata la corsa a misure analoghe in Austria, Danimarca e Svezia per stoppare sul nascere la fuga del risparmio. Poi il Portogallo. E la minaccia spagnola di fare altrettanto, se Bruxelles non interverrà. Francia e Italia da giorni offrono quelle garanzie, sia pure solo per ora a livello verbale.
Di più. La Germania che dice no alla solidarietà europea rifiutandosi di varare un fondo comune per il salvataggio delle banche, soprattutto nei paesi finanziariamente più vulnerabili come quelli dell'Est, è la stessa che, accantonando tutti i suoi moralismi, si accinge a lanciare un fondo nazionale per puntellare i propri istituti in acque tempestose.
La coerenza non è mai stato un mestiere di eccellenza europea. I morsi della crisi in atto spesso richiedono risposte istantanee. Il punto però è un altro. Se la crisi è sistemica, le buone parole di ieri di Sarkozy non servono. Rinunciare non all'integrazione ma persino a un serio sforzo di coordinamento a 27 per insistere nella logica dell'ognun per sé, è una linea suicida per l'Europa intera. Germania compresa. I segnali negativi in arrivo dalle Borse e dal cambio euro-dollaro lo confermano in modo inequivocabile. Se questa emergenza finanziaria poteva sulla carta essere l'occasione per l'Europa per ritrovare leadership e credibilità mondiali, l'isteria, l'irrazionalità, gli egoismi con cui molti dei suoi Governi la stanno gestendo rischiano di farla rotolare all'indietro. Altro che l'America di Bush cui molti europei vorrebbero dare lezioni. di Adriana Cerretelli