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Gli Ias, Profumo e gli altri

di Alessandro Graziani

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Giovedí 13 Novembre 2008

Senza la temporanea sospensione degli Ias, Alessandro Profumo non avrebbe potuto chiudere il terzo trimestre di UniCredit con l'utile annunciato. E peggio avrebbero fatto Intesa Sanpaolo, Deutsche Bank e altri giganti europei. Fino a quando il mercato sarà costretto a valutare risultati «normalizzati», mentre crescono le sofferenze sui crediti?

La comunicazione dei risultati trimestrali delle due grandi banche italiane tende a rassicurare gli investitori: l'utile diminuisce, ma c'è. E nel caso di Intesa Sanpaolo, si evidenzia la crescita del risultato «normalizzato», ovvero del saldo che ci sarebbe stato senza tutti gli effetti della crisi finanziaria degli ultimi mesi. Leggendo bene i bilanci, la realtà appare un po' diversa dagli strilli della comunicazione ufficiale. Entrambe le banche si sono avvalse della facoltà di derogare ai prìncipi contabili Ias, che avrebbero richiesto di valutare titoli e crediti al valore di mercato. La "deroga" approvata dalla Commissione europea, che consente di fermare al 1° luglio e non al prezzo attuale la valutazione degli asset, è stata applicata da entrambi i gruppi italiani. La temporanea sospensiva serve a evitare che le banche, adeguando i valori dei titoli a quelli di mercato, registrino perdite più "emozionali" che reali, data la temporanea sbandata di molti valori finanziari. Il bilancio al 30 settembre non è dunque una fotografia dell'esistente, ma un'ipotesi - quasi un auspicio – di un ritorno a valutazioni "normali".

Non si può sottacere infatti che, senza la deroga agli Ias, i risultati delle due banche sarebbero stati ben diversi. UniCredit è uscito con un utile netto trimestrale di 551 milioni, ma dopo un impatto positivo degli Ias 39 di 856 milioni (prima delle imposte). E' vero che, sapendo di beneficiare di questo temporaneo aiuto contabile, UniCredit ha deciso di spesare svalutazioni (come i 215 milioni del London Stock Exchange) che altri hanno invece rinviato. Ma non c'è dubbio che la sospensiva degli Ias è stata provvidenziale. Lo stesso si può dire per Intesa Sanpaolo, che ha chiuso il trimestre con un utile di negoziazione positivo per 329 milioni di euro. Senza la deroga degli Ias, il saldo sarebbe stato negativo per 141 milioni.

L'impatto «a favore», dunque, è stato solo sui titoli di 470 milioni. A cui si aggiungono gli ulteriori effetti della riclassificazione di finanziamenti e crediti (6.156 milioni) senza i quali ci sarebbe stato un impatto negativo ante imposte – direttamente sul patrimonio netto al 30 settembre – di 212 milioni. Se si considera che l'utile netto trimestrale di Intesa Sanpaolo è stato di 673 milioni, risulta che – come anche per UniCredit – la deroga europea al mark-to-market è stata decisiva per uscire con un saldo positivo. Il tema, naturalmente, non è solo italiano. E riguarda molte altre banche europee, come hanno dimostrato i risultati diffusi negli ultimi giorni: da Deutsche Bank a Rbs, da Lloyds Tsb a Hsbc.

In generale, la sospensione dell'applicazione del fair value ha l'effetto di stemperare nei bilanci gli effetti della speculazione. Ma non bisogna dimenticare che anche la trasparenza è stata sospesa. E il mercato resta in attesa di un «outing» definitivo sulla composizione del portafoglio di titoli e crediti a rischio. Quanti asset tossici sono ancora in circolazione? Chi li ha in portafoglio? Le trimestrali, anche grazie al beneficio della sospensiva degli Ias, non hanno fatto chiarezza. Finché questo nodo non sarà sciolto in via definitiva, difficilmente tornerà la fiducia tra le banche. E, a seguire, quella degli investitori e della clientela.

Un tema che vale anche per le banche italiane, alle prese con altre preoccupazioni. L'economia frena e il credito inizia a soffrire. I crediti deteriorati netti di Intesa Sanpaolo sono saliti del 22% a 10.243 milioni, quelli di UniCredit del 5% a 17.100 milioni. Nel 2009 si parlerà soprattutto dell'evoluzione di questi dati.

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