Se Telecom potesse portarsi in casa le perdite fiscali di 3 Italia, che gli analisti stimano dell'ordine di 2 miliardi, risparmierebbe sulle tasse per un paio d'anni. Se potesse inglobare l'operatore mobile che fa capo a Li Ka Shing, si "libererebbe" di un concorrente che, con la sua politica commerciale aggressiva, ha contribuito parecchio in questi ultimi anni a far pressione sui prezzi. Se poi l'operazione fosse carta contro carta – e se fosse realizzabile, per Telecom, che non ha nessuna intenzione di aumentare il suo indebitamento, non potrebbe essere altrimenti – la valutazione dell'ex-monopolista nazionale potrebbe essere ben più favorevole di quanto riconosca oggi la Borsa (si parla di 2 euro), aiutando anche Telco a sfuggire a un eventuale impairment test troppo penalizzante rispetto ai prezzi di carico dell'unica partecipazione. In quel caso, a stime necessariamente approssimative, Telecom potrebbe ritrovarsi con un nuovo socio al 3%-4%, che un domani potrebbe anche confluire nella holding di riferimento.
Ma per il momento, appunto, Telecom è appesa ai "se". Non perchè 3 non sia su piazza. Di fatto lo è, dato che comunque la sua avventura in Italia è destinata a concludersi. Entro il 2012 le tariffe di terminazione mobile dovranno convergere a 4,5 centesimi: oggi a Telecom sono riconosciuti 8,85 centesimi, a 3 invece 13 centesimi. Se finora il quarto operatore mobile non è mai riuscito a chiudere un bilancio in utile (e anzi i suoi conti sono in profondo rosso, -1,2 miliardi solo nel 2007), a maggior ragione le prospettive sono pure più nere. E più il tempo passa e più il suo valore si assottiglia.
Difatti, anche se il gruppo guidato da Franco Bernabè non commenta, la società che in Italia è rappresentata da Vincenzo Novari ha preso contatti con diversi interlocutori. Della cosa, in gran segreto, si parla in realtà già da almeno un mese e l'ipotesi che si è andata a delineare prevede uno "spezzatino" di 3 a favore di Telecom e di Wind. Quest'ultima sarebbe interessata alle licenze Umts e al portafoglio clienti (come finanziare l'eventuale acquisto è però ancora da capire), mentre a Telecom andrebbero gli impianti, le strutture di customer care, e soprattutto le perdite fiscali.
Ma il problema è proprio qui: l'operazione per Telecom sarebbe scivolosa sul piano fiscale col rischio concreto di essere bollata come elusiva. Telecom non ha ancora risolto il contenzioso sorto sull'incorporazione di Blu, un precedente-fotocopia che risale al 2002. Allora a spartirsi le spoglie di quello che, sulla carta, era il quarto operatore Gsm del Paese furono tutti gli altri concorrenti sul mercato. Tim rilevò il 100% del capitale di Blu previo trasferimento di separati rami d'azienda a Vodafone (una parte delle stazioni radio), a H3G (gran parte dei siti), e a Wind (base clienti, il marchio e una parte della rete). La licenza mobile di Blu fu invece restituita al ministero delle Comunicazioni, che poi avrebbe redistribuito le frequenze a Tim, Vodafone e Wind. Alla società del gruppo Telecom restarono quindi circa 830 siti, 1400 stazioni radio base, i sistemi informativi e il call center di Firenze. Ma soprattutto le perdite fiscali.
Benchè ai tempi Telecom avesse chiesto un parere preventivo all'Agenzia delle entrate sulla fattibilità dell'operazione, le verifiche fiscali successive hanno prodotto la sgradita sorpresa della richiesta di maggiori imposte dovute per 436 milioni, oltre a sanzioni amministrative pecuniarie e interessi per 492 milioni. Insomma una bolletta a termine da oltre 900 milioni, che per il momento si è tradotta nella notifica di una cartella esattoriale da 182 milioni, riscossione sospesa, su richiesta Telecom, dalla Commissione tributaria provinciale di Torino. La questione è ancora aperta mentre, riferiscono gli ultimi documenti contabili, «sono in corso confronti tecnici tra la società e l'Agenzia delle entrate allo scopo di addivenire alla definizione delle questioni ancora pendenti».
Del tutto improbabile, dunque, che possa concretizzarsi l'opzione 3, se prima non sarà risolto il contenzioso Blu: una sorta di lascia o raddoppia, il cui esito non è affatto scontato.
LA STORIA
La vicenda Blu
Nel 2002 avvenne lo «spezzatino» di Blu, sulla carta il quarto operatore Gsm in Italia. Tim rilevò il 100% del capitale (con annesse le perdite fiscali) cedendo però separati rami d'azienda a Vodafone, H3G e Wind.
Per Telecom la «vicenda Blu» è tuttora aperta: la società è stata infatti chiamata a pagare maggiori imposte per 436 milioni e sanzioni i per 492 milioni. Per il momento è stata notificata a Telecom una cartella esattoriale da 182 milioni.