Fortuna che la settimana è stata corta a Wall Street e cortissima in Europa. Altrimenti avremmo potuto vedere chissà quali perdite sulle Borse. O forse abbiamo visto perdite del 2% circa, e tutte accumulate nelle sedute di lunedì e martedì, proprio a causa del clima festivo: perché è stata la prudenza a consigliare gli investitori, non la suggestione di un possibile rally (corsa) di fine anno. Ci si può consolare osservando che lo Standard & Poor's è su del 15% circa dai minimi di un mese fa (ma appena del 6% lo Stoxx). E per quanto molto se ne parli e in tanti mostrino di sperarci, nessuno osa in realtà scommettere che tra il 20 e il 21 novembre le Borse abbiano davvero toccato il fondo. Eppure questa settimana qualcosa di buono l'ha suggerito: non per le azioni, ma per le obbligazioni, specie per i bond societari che sono tutti saliti facendo, dunque, scendere i rendimenti. E un poco di fiducia in più sui titoli di debito delle imprese non può che far bene all'economia e, quindi, anche alle Borse.
Uno studio dell'autorevole National Bureau of Economic Research (Nber) mostra che nell'imminenza di una recessione i rendimenti dei titoli a rating Baa (ossia tripla B), balzano verso l'alto; e cominciano a scendere verso la metà di una recessione: ossia quando s'è visto il momento peggiore della crisi. In altre parole, quando s'è toccato il fondo. Il fenomeno è normale se si pensa che i cicli economici (e anche i mercati azionari, delle materie prime e della casa) sono finanziati dal credito. Nella presente, grave contrazione economica, il rapporto tra il rendimento dei titoli Baa e quello del Treasury decennale ha raggiunto negli Usa il livello più alto mai registrato: con 3,31 nella prima metà di dicembre, s'è superato il 3,12 del giugno 1932. A confronto la recessione del 2001-02, con 1,96, quella dell'80-82, con 1,35, sembrano poca cosa. Ma nella presente condizione, la crisi del credito ha giocato un ruolo che non s'era mai visto, se non negli anni Trenta. E più che una contrazione (crunch) del credito, s'è trattato di un vero e grave caso di solvibilità dell'intero sistema finanziario americano e in parte europeo: problema che, secondo Nber, è stato compreso solo in ritardo dalle autorità monetarie.
Ora, i rendimenti dei titoli Baa sono in discesa da quasi due settimane. Soprattutto sono in calo gli spread con i titoli di Stato di analoga durata. Moody's ha calcolato che nei primi 22 giorni di dicembre, il ritorno medio (incluso il capital gain) dato dai titoli investment grade (ossia fino a tripla B) è stato del 5,95% contro il 3,9% dei Treasury. Inoltre anche i fondi americani che investono in bond spazzatura hanno raccolto 729 milioni tra il 17 e il 24 dicembre. Se non c'è stato il "tradizionale" rally di fine anno per le Borse, s'è visto invece quello dei corporate (aziendali) bond. E se il risveglio delle obbligazioni non dovesse rivelarsi effimero, si può concludere che il momento peggiore per i mercati azionari, soliti scontare con 6-9 mesi d'anticipo i cicli economici, sia stato raggiunto. Se i valori del 20-21 novembre scorso coincidano con i minimi, come vorrebbero gli ottimisti, o che rappresentino un intorno ai minimi del ciclo borsistico, come suggeriscono invece i meno ottimisti, le azioni possono comunque essere ritenute attraenti.
Norm Conley, presidente di un piccolo hedge fund, ha calcolato fin dal 1926 che, se si fosse investito nell'S&P500 solo quando il rapporto tra titoli Baa e Treasury stava scendendo, si avrebbe avuto un ritorno medio annuo del 18%, contro l'1,34% realizzabile investendo quando il rapporto cominciava invece a crescere. È intuibile: perché quando scendono i differenziali di rendimento e gli investitori cominciano a a spostarsi sui titoli a rischio più alto dei Treasury, anche le azioni sono prossime a riprendersi.
In settimana l'S&P ha perso l'1,7% e il Nasdaq il 2,3%. Lo Stoxx è sceso dell'1,7% (-2,7% Milano, -3,4% Parigi, -1,4% Francoforte e -1,6% Londra).