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Il crack Madoff spaventa l'Italia.
Scatta l'allarme hedge funds

di Monica D'Ascenzo

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14 DICEMBRE 2008


A 48 ore dall'esplosione del caso Madoff è ancora difficile quantificare gli effetti che la truffa del secolo avrà sui fondi di fondi hedge. Una cosa, però, è già chiara: il crack di Madoff rischia di scatenare un effetto domino sui gestori delle più importanti piazze finanziarie europee, da Londra a Ginevra, da Madrid a Milano. In cifre, il falò da 50 miliardi di dollari acceso a Wall Street potrebbe mandare in fumo il 5% degli asset europei dei fondi di fondi hedge. Per quanto riguarda l'Italia, i rapporti con Madoff sono certi, ma il danno subito dagli investitori è difficile da quantificare: c'è chi parla di un'esposizione complessiva di oltre 3 miliardi, ma dai gestori non arrivano conferme.

Sul sito web di Pioneer del gruppo UniCredit, ad esempio, è scritto che «sostanzialmente tutti» i 280 milioni di dollari del fondo Primeo Select sono stati investiti sui fondi di Madoff. Dalla società fanno sapere che «come molti altri asset manager Pioneer Alternative Investments (Pai) sta valutando il potenziale impatto di questa situazione: Pai non è un investitore diretto in Madoff, ma alcuni fondi sono esposti indirettamente tramite feeder funds ». Il danno, se ci sarà, potrebbe riguardare solo in minima parte gli investitori privati: «Questi fondi sono distribuiti principalmente a investitori istituzionali e wholesale. L'esposizione per i clienti retail è molto limitata e pari a zero in Italia. Continueremo a monitorare la situazione, per assicurare che vengano messe in atto tutte le procedure necessarie a rappresentare gli interessi dei nostri clienti », prosegue la fonte di Pioneer.
Stesso discorso per il Banco Popolare, socio in Aletti Gestielle Alternative di Union Bancaire Privée, la banca svizzera coinvolta nel caso Madoff per un'esposizione valutata in oltre un miliardo di euro.

Il gruppo bancario italiano ha fatto sapere che si tratta di «un impatto minimo nei nostri fondi di fondi hedge ». Ma anche in questo caso, le cifre non vengono fornite. Un caso tutto da accertare riguarda la Fim, la società londinese di advisory gestita da due manager italiani, Federico Ceretti e Carlo Grosso. Secondo alcune indiscrezioni, la Fim avrebbe investito somme molto ingenti per conto di clienti italiani in Kingate, un hedge della galassia Madoff con asset per 2,8 miliardi di dollari: ebbene, la sorte di queste risorse è quanto meno incerta. In questa situazione confusa, molte società di gestione si sono affrettate a tranquillizzare i propri investitori. Hedge Invest, della famiglia Manuli, ha inviato una email a tutti i suoi clienti: «Caro Investitore - è scritto nella lettera - in seguito alla notizia dell'arresto di Bernard Madoff, Ceo di Madoff Investment Securities, società di brokeraggio operativa presso il New York Stock Exchange e advisor di alcuni fondi hedge (tra i quali ci risultano i seguenti: Kingate, Fairfield Sentry, M&B Equity Plus, M&B LIF US Equity Luxalpha, Thema International, Herald Fund, Dakota Global Investment

e Rafale Partners Inc) vi confermiano di non avere esposizione in nessun portafoglio o fondo supervisionato dalla stessa società ». Anche Albertini Syz ha scritto ai clienti: «Gentili investitori, facendo riferimento alla notizia diffusa relativa alla Madoff Investment Securities LLC e alle numerose richieste a noi pervenute (...) desideriamo comunicare che Albertini Syz SGR non ha alcuna esposizione a fondi ricollegabili a Madoff Investment Securities LLC». Dello stesso tenore la mail di Kairos, il fondo del finanziere Paolo Basilico, che ha negato esposizioni con Madoff. In Svizzera, dove la situazione appare molto più tesa, il fondo di fondi hedge Harcourt ha detto di non avere«alcuna esposizione con fondi feeder legati a Madoff» e quindi di non essere stato toccato «da questo presunto caso di frode». Ciò che sorprende tutti in questa storia sono comunque i segnali inascoltati. In particolare, molti risk manager dei fondi guardavano con sospetto il fatto che gli investimenti non avvenissero attraverso una banca depositaria, che comunque rappresenta una garanzia, ma direttamente con l'asset management della società di Madoff, Bmis. Altro fattore sospetto era il rendimento mensile costante, sempre alto indipendentemente dai movimenti del mercato.

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