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Banche: nonostante la crisi, l'occupazione tiene

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16 dicembre 2008

Nonostante la crisi, nelle banche non si registrano contrazioni di personale. Lo segnala il Rapporto dell'Abi su "Il mercato del lavoro nell'industria finanziaria" presentato oggi a Roma. Nel 2007 è stato confermato il trend di crescita occupazionale dello 0,5%, rispetto al 2006, con i lavoratori che salgono a quota 345mila. Un settore, quello bancario, che non ha problemi di precariato, visto che il 96% è occupato a tempo indeterminato. Nelle banche lo strumento dell'apprendistato, in crescita del 2% nel 2007, rappresenta un importante investimento al quale nella quasi totalità dei casi, al termine del percorso formativo, segue l'assunzione a tempo indeterminato. «La sfida della competitività e dell'efficienza – ha spiegato il presidente dell'Abi Corrado Faissola - non sta creando alcuna "questione precariato"».

Dall'esame dei titoli di studio emerge che il 31,2% dei dipendenti è laureato, contro il 25% del 2005. Prosegue anche la "corsa" del personale femminile, che rappresenta il 41,1% del totale degli occupati alla fine del 2007, con uno scatto dell'1,1% sul 2006 e di 10 punti percentuali dal 1997 a oggi. Indispensabile continuare ad agire sul divario con i maggiori concorrenti europei a livello dei principali indicatori di costo. Il costo unitario del lavoro, sottolinea il rapporto, alla fine dell'anno si attesta a 70mila euro, superiore di circa 10mila euro rispetto alla media dei Paesi della Ue a 25. Il rapporto del costo del lavoro sul margine di intermediazione vede le banche italiane ancora distanti dalla media europea con un valore pari al 37% rispetto al 34 per cento. Allo stesso tempo il peso del costo del lavoro sui costi operativi complessivi è pari in Italia al 61,3%, rispetto alla media Ue del 53 per cento.

Per il presidente Corrado Faissola «di fronte alla congiuntura in corso è fondamentale continuare a conciliare le esigenze di competitività delle imprese bancarie con quelle dei lavoratori. Si tratta di un equilibrio più che mai necessario per un settore chiamato a confrontarsi a livello internazionale in termini di sviluppo costante del grado di efficienza e di crescita. Riuscire a farlo creando "buona occupazione" senza alcuna "questione precariato" al nostro interno è una spinta in più». Faissola ha sottolineato anche che «l'industria bancaria italiana è fortemente impegnata ad attenuare gli effetti della crisi sulla produzione e sulle imprese, quindi sulle famiglie. Decisiva, soprattutto in questa fase, si è rivelata la capacità di valorizzare il legame tradizionale con i clienti e il territorio». (N.Co.)

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