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Pressing sulla rete Telecom: la Camera chiede lo scorporo

di Carmine Fotina

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Mercoledí 03 Dicembre 2008

Se non è un nuovo piano Rovati manca davvero poco. La Camera, attraverso un'indagine votata all'unanimità dalla Commissione Trasporti e Tlc, sollecita la creazione di una società delle reti di telefonia fissa. In altre parole lo scorporo del prezioso asset di Telecom, riedizione con leggero lifting del piano che fu preparato dal consigliere dell'allora premier Romano Prodi nel settembre 2006. Un documento bipartisan, che porta la firma di esponenti di Pdl, Pd, Lega, Idv, Udc, licenziato con puntualità probabilmente non casuale nel giorno del cda di Telecom e alla vigilia del piano industriale.

Il negoziato in corso tra l'Authority per le comunicazioni e il gruppo guidato da Franco Bernabè sulle regole di funzionamento della struttura "Open Access" non risolve i nodi della concorrenza e in un'ottica di sviluppo del network di nuova generazione, è la tesi della Commissione, bisogna spingersi decisamente oltre. La soluzione minima, spiega il presidente della Commissione Mario Valducci, sarebbe una vera separazione funzionale tra la rete di Telecom e le attività commerciali. Open Access però non risponde a questo obiettivo. Per questo «Parlamento e Governo dovranno riflettere sulla necessità di apportare in tempi rapidi adeguamenti al quadro dei poteri dell'Autorità». Anche in questo caso un vero déjà vu: torna alla mente infatti l'emendamento Gentiloni preparato in tutta fretta per arginare le mire di At&t e America Movil sul campione nazionale delle tlc. Quell'emendamento, insieme alla terza "lenzuolata" Bersani che avrebbe dovuto contenerlo, non è mai stato approvato a causa della fine anticipata della legislatura. «Auspichiamo una norma che consenta di imporre la separazione funzionale – precisa Valducci – Non so però se, a quel punto, a Telecom non convenga andare oltre e pensare a soluzioni di tipo proprietario».

La Commissione avrebbe già un paio di suggerimenti pronti. La separazione strutturale potrebbe portare a una società a maggioranza Telecom ma aperta a fondi infrastrutturali, come l'F2i di Vito Gamberale, fondi pensione e soggetti pubblici come la Cassa depositi e prestiti. Ma è un altro il modello che piace di più: Telecom manterrebbe il 100% della società che gestisce la vecchia rete in rame ma scenderebbe in minoranza nella newco dedicata alla rete di nuova generazione in cui la maggioranza sarebbe di fondi o soggetti istituzionali. Appena citate, come varianti a questo che è lo scenario più "gradito", l'utilizzo di un fondo europeo per la rete di nuova generazione e la costituzione di un unico grande contenitore, "One Network", che raccolga l'asset di Telecom, quelli degli altri operatori e degli enti locali che negli anni hanno costruito i loro piccoli tasselli di infrastruttura in fibra ottica.

Diverse ipotesi, come si vede, che si prestano però a un'unica chiave di lettura: torna il pressing della politica per mettere la rete in mano pubblica. Resta tuttavia un "dettaglio" e di non poco conto: «Le reticenze di Telecom Italia – si legge proprio nell'indagine della Commissione – all'apertura societaria».

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