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Bad bank e nazionalizzazione?
Allo studio la soluzione alla crisi

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21 gennaio 2009

All'indomani dell'insediamento di Barack Obama alla Casa Bianca, la grande stampa americana, dal Wall Street Journal al New York Times, si chiede ovviamente cosa farà la nuova Amministrazione per porre la parola fine alla crisi finanziaria. Per caso, si chiede la Bibbia della Finanza, la soluzione sarà una ulteriore nazionalizzazione delle banche?

Obama, scrive il New York Times, non ha una soluzione veloce per risanare il sistema finanziario, e un piano dettagliato del Tesoro non sembra ancora pronto. Nessuna opzione è comunque esclusa. Anzi, il dipartimento del Tesoro farà il possibile per evitare di ripetere l'errore commesso da Henry Paulson, che prima ha comunicato un piano per acquistare gli asset più rischiosi e tossici delle banche, e che poi ha fatto dietrofront optando per un'altra soluzione: quella che ha visto il governo Usa entrare nel capitale degli istituti. È questa serie di ripensamenti, che rischiano di confondere ulteriormente i mercati, che Obama vuole evitare.

Di qui, l'intenzione di sondare le opzioni disponibili in modo attento. La nazionalizzazione del sistema finanziario Usa appare al momento l'ultima opzione a cui ricorrere. Tuttavia, le altre opzioni sul tavolo - scrive il Wall Street Journal - indicano che probabilmente è quella la direzione verso cui gli Stati Uniti continueranno ad andare. Un'idea che i funzionari del nuovo governo di Obama stanno vagliando è per esempio quella di permettere all'amministrazione di acquistare titoli convertibili emessi dagli istituti finanziari: una manovra, questa, che ovviamente consentirebbe al governo di ottenere nuove quote nel capitale delle banche, sotto forma tra l'altro di azioni ordinarie.

L'esistenza di questa opzione è stata proprio una delle ragioni che ieri hanno affossato i mercati. Da segnalare infatti che la conversione dei titoli in azioni ordinarie si traduce in una diluizione delle azioni e in una riduzione del loro valore. E dunque, anche in una maggiore difficoltà da parte delle banche stesse di attrarre investitori privati, che già sono riluttanti a investire in banche le cui azioni ordinarie hanno visto bruciare gran parte del loro valore. Come scrive anche il Wall Street Journal, insomma, «con il valore di mercato di molte società che evapora, (il Governo) potrebbe non avere altre alternative per raccogliere denaro» a favore di queste banche, se non attraverso la loro nazionalizzazione.

Per ora, come scrive anche il New York Times, i funzionari del nuovo governo di Obama sono quasi certi che il sostegno alle banche sarà strettamente connesso all'erogazione di aiuti fino a 100 miliardi di dollari per ridurre il numero di casi di cittadini che perdono il diritto di proprietà sulle proprie abitazioni. Due obiettivi che non sono tra l'altro in conflitto, scrive il quotidiano newyorchese, in quanto le banche beneficerebbero della riduzione di questi casi soffrendo minori erosioni negli asset legati al mercato dei mutui che detengono.

Tra le altre opzioni, anche quella di ritornare al piano originario di Paulson, teso a "ripulire" i bilanci delle banche dagli asset più tossici. Il governo sta considerando infatti l'eventualità di acquistare questi asset, facendoli poi convogliare in una sorta di "bad bank" finanziata dalla stessa amministrazione. Un azzardo? per qualcuno, con il baratro ormai a due passi, a questo punto potrebbe essere questo, invece, «il male minore».

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