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Caccia aperta ai corporate bond

di Morya Longo

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15 gennaio 2009

Moody's prevede che quest'anno 300 società finiscano in default in tutto il mondo. Una media di 25 "casi-Parmalat" ogni singolo mese. Eppure, nonostante questa prospettiva tutt'altro che incoraggiante, gli investitori sono tornati a comprare obbligazioni aziendali e – strano ma vero – anche bond legati ai mutui. Lo dimostra innanzitutto il fatto che i tassi d'interesse nelle ultime settimane sono notevolmente scesi: in America – secondo i dati di Merrill Lynch – i rendimenti dei corporate bond con rating elevati sono diminuiti mediamente di 100 punti base rispetto ai tassi interbancari, dal massimo del 5 dicembre. Segno che gli acquisti hanno fatto salire i prezzi e, di conseguenza, scendere i rendimenti. Ma la dimostrazione più efficace arriva dal fatto che le aziende di Stati Uniti ed Europa sono tornate ad emettere obbligazioni: in questo primo scorcio di 2009 – secondo Bloomberg – sono stati lanciati bond aziendali per 49,9 miliardi di dollari, contro i 16,8 miliardi dello stesso periodo del 2008. Record dallo scorso maggio. Insomma: le Borse crollano, ma le obbligazioni emesse dalle stesse società quotate in Borsa sembrano essere diventate un nuovo oggetto dei desideri.

Il paradosso
A prima vista questo fenomeno può sembrare sorprendente. Tyco International ha emesso obbligazioni decennali il 6 gennaio con un "premio" sul tasso swap di 6,81 punti percentuali e da allora gli acquisti degli investitori hanno alzato il prezzo e schiacciato questo spread a soli 5,3 punti percentuali; nello stesso periodo, però, le azioni della stessa Tyco International hanno perso l'11% a Wall Street. Insomma: gli investitori comprano obbligazioni Tyco e contemporaneamente vendono azioni Tyco. Come se la società che emette i bond non fosse la stessa quotata in Borsa. E di casi così è pieno zeppo il mercato: la stessa Eni è stata debole in Borsa ma il suo bond ha dimezzato lo spread sul tasso swap (da 220 a 130 punti base) dal 2 dicembre dell'emissione a oggi. Il paradosso è ancora più evidente se si guardano i dati – diffusi ieri da Moody's – sulle insolvenze attese per il 2009: la società di rating stima infatti che il tasso di default delle aziende a basso rating a livello globale salga al 15,1% entro la fine dell'anno, contro il 4% di fine 2008 e lo 0,9% di fine 2007. Perché gli investitori sono tornati a comprare obbligazioni che, in 15 casi su 100, non saranno in grado di onorare l'impegno? Masochismo o altro?

Le valutazioni
Ovviamente l'appetito per i corporate bond deriva da un calcolo razionale: le quotazioni sono così basse e i rendimenti così elevati – riferiscono all'unisono analisti e operatori – che anche nel peggiore scenario possibile restano attraenti. «Sul mercato i soldi ci sono – confessa un banchiere –. E in questo momento gli investitori preferiscono comprare obbligazioni aziendali, che offrono rendimenti elevatissimi, piuttosto che azioni». Ma c'è anche chi fa un calcolo più affascinante: attualmente le quotazioni delle obbligazioni aziendali scontano una probabilità di default molto più elevata rispetto a quella prevista dalle agenzie di rating, dai mercati azionari e anche dai credit default swap. In America – secondo i calcoli di Dario Cintioli di StatPro – i prezzi delle obbligazioni aziendali ad alto rischio scontano una probabilità media di insolvenza del 23-24% nell'arco di 12 mesi, mentre i credit default swap scontano una probabilità media del 18,97%. Insomma: i bond sono sottovalutati. Prezzano più o meno l'apocalissi. Offrono cioè rendimenti elevati (un 8% medio per i titoli con rating di "Tripla B"), che sui mercati azionari ancora in pochi si aspettano.

La rinascita
Morale: gli investitori comprano, i rendimenti scendono, le aziende emettono. E anche sui bond legati ai mutui – riferisce Luca Peviani di P&G – sta tornando appetito, tanto che alcune società di gestione (tra cui la stessa P&G) stanno lanciando dei fondi per acquistare titoli cartolarizzati a prezzi da saldo. Certo, la cautela è d'obbligo: due settimane d'acquisto sono poche per parlare di un nuovo trend. Ma, in questo scenario di crisi, la "luna di miele" sui corporate bond apre uno spiraglio di speranza. Quantomeno dimostra che gli investitori sono tornati a fare il loro lavoro: investire.

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