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Fiducia Usa ai minimi.
Bernanke: ripresa nel 2010

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24 febbraio 2009
Ben Bernanke (REUTERS)
Aig verso la trimestrale peggiore della storia americana
DOSSIER
Tutti i piani anti-crisi del governo americano

La recessione che, iniziata nel dicembre 2007, sta mettendo in ginocchio gli Stati Uniti,
potrebbe «finire nel 2009». Lo ha detto il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke durante la testimonianza davanti alla commissione bancaria del Senato, sottolineando che «il 2010 potrebbe essere l'anno della ripresa», se le azioni intraprese dal Governo porteranno alla stabilizzazione dei mercati finanziari.

Oggi «l'economia americana sta sperimentando una severa contrazione» ha proseguito il presidente della Fed. «Il Pil americano è sceso nel terzo trimestre del 2008, e questa flessione si è accentuata considerevolmente nel quarto trimestre. Una profonda contrazione dell'attività economica sembra continuare anche nel primo trimestre» dell'anno. Una ripresa totale dell'economia dalla recessione potrebbe avvenire più in là. «È probabile - ha spiegato Bernanke alla commissione bancaria del Senato - che per una piena ripresa dell'economia dall'attuale fase di recessione ci vogliano più di due o tre anni».

Il presidente della Fed ritiene che non sarà necessaria la nazionalizzazione delle maggiori banche per garantire la loro operatività. Al comitato bancario del Senato Usa, Bernanke ha detto che «non occorre avere il controllo o la maggioranza del capitale per lavorare insieme alle banche». Quello che si può fare, ha spiegato il presidente della Fed, «è essere sicuri che gli istituti bancari abbiano sufficienti capitali per operare nelle loro funzioni e, allo stesso tempo, esercitare un adeguato controllo per essere certi che stiano facendo tutto ciò che è necessario per arrivare a un risanamento».

Parlando della politica monetaria della Federal Reserve, il presidente della Banca centrale americana Ben Bernanke ha sottolineato che «il tasso sui Fed Funds rimarrà a livelli eccezionalmente bassi per un certo periodo». La Fed durante la riunione dello scorso 16 dicembre aveva abbassato i tassi di interesse a un range compreso tra lo 0 e lo 0,25%, un livello a cui li aveva lasciati nel successivo incontro del 28 gennaio. La Fed è pronta a «usare tutti gli strumenti disponibili per stimolare l'attività economica e migliorare il funzionamento dei mercati finanziari»

Sarà l'economia al centro dell'atteso discorso che questa sera il presidente americano, Barack Obama, pronuncerà davanti a entrambi i rami del Congresso. A poco più di un mese dal suo insediamento Obama presenterà ai parlamentari americani le linee guida del suo primo anno alla Casa Bianca il cui obiettivo principale sarà arginare la crisi economica e fermare l'emorragia di posti di lavoro negli Stati Uniti. Obama parlerà alle 21 (le 3 del mattino in Italia) in un discorso che sostituisce quello sullo "Stato dell'Unione" che il presidente rivolge alle Camere ogni anno a gennaio. È stato il presidente a chiedere di parlare alla Nazione anche se normalmente nell'anno
dell'insediamento lo "Stato dell'Unione" è sostituito dal discorso di insediamento.

Intanto però a fiducia dei consumatori
Usa è crollata in febbraio al nuovo minimo storico. È quanto emerge dal rapporto del Conference Board, secondo cui l'indice relativo è sceso a quota 25 punti, il livello più basso da quando è iniziato questo tipo di rilevamento (1967), contro i 37,4 punti di gennaio. Gli analisti attendevano un calo a 35,5 punti. Il Conference Board ha rilevato un netto deterioramento delle aspettative dei consumatori per i prossimi sei mesi: l'indice è infatti sceso a 27,5, (dal precedente 42,5) che rappresenta anche in questo caso un minimo record. Quanto alla percezione delle condizioni attuali, l'indice è sceso a quota 21,2 da 29,7 di gennaio. In particolare, la percentuale di americani che si attende un aumento dei salari nell'arco dei prossimi sei mesi è scesa al 7,6% dal precedente 10,3%. Quanto all'evoluzione del mercato del lavoro, la percentuale di cittadini che vede prospettive occupazionali positive è crollata al 4,4% (dal 7,1%), mentre quella che ritiene più difficile trovare lavoro è balzata al 47,8%, ai massimi dal 1992. (P.F.)

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