«Heart Full of Lies: a True Story of Desire and Death» è il titolo originale di un libro della scrittrice americana Ann Rule in cui si racconta la storia vera di Liysa Ann DeWitt, che giunse all'omicidio del terzo marito a causa dello smodato desiderio di possedere sempre più denaro e proprietà immobiliari.
Ma se una persona come Liysa DeWitt può avere «un cuore pieno di bugie», un'istituzione finanziaria invece può – e spesso si trova ad avere – un bilancio pieno di «asset tossici». Il «piano Obama» per sostenere il settore immobiliare statunitense messo in ginocchio dai mutui subrime e la reazione a catena che ne è seguita, è stato recentemente implementato con un credito d'imposta di 8.000 $ per chi acquisterà una casa nel 2009 (è la prima volta che negli USA viene concesso un incentivo fiscale sull'acquisto di abitazioni), e del resto un ulteriore boom dei pignoramenti immobiliari potrebbe avere gravi ripercussioni su molti altri settori dell'economia statunitense.
I dati di gennaio sulle compravendite immobiliari negli USA sono stati ancora deludenti (-5,3% rispetto a gennaio 2008), e il prezzo medio delle case esistenti in vendita è sceso ai minimi da marzo 2003. Non solo: Fannie Mae, l'agenzia specializzata nei mutui ipotecari già nazionalizzata lo scorso anno, ha chiesto al Governo altri 15,2 miliardi per ricostituire il patrimonio netto dopo perdite per 58,7 miliardi di $ nel 2008, e ritiene che le condizioni di mercato peggioreranno ancora nel 2009.
E se, giustamente, è necessario salvare i comuni cittadini dal boom degli sfratti, il Presidente Obama ha affermato che «il salvataggio degli istituti di credito è impopolare, ma necessario», ed ha così destinato ulteriori 250 miliardi di $ (oltre ai 700 già stanziati) al sostegno del sistema finanziario. Di più, è stato predisposto uno "stress test" per valutare la resistenza delle prime 20 banche statunitensi a un possibile aggravamento della recessione, nonché l'eventuale necessità di un intervento di ingresso nel capitale da parte del Governo.
Il Tesoro, la Federal Reserve e altre autorità bancarie e assicurative USA ritengono che «le principali banche siano ben capitalizzate» e che comunque, in caso di necessità, si debba ricorrere prima al mercato del capitale privato e solo successivamente al Governo tramite lo strumento delle azioni privilegiate convertibili che saranno trasformate in ordinarie solo se necessario a preservare un'adeguata patrimonializzazione.
Il primo istituto a essere interessato a questa misura sarà Citigroup, con una conversione di azioni privilegiate che porterà il Tesoro USA a detenere il 36% del capitale sociale della banca, che però dovrà anche impegnarsi a trovare ulteriori fondi da investitori privati. Ora si attendono con timore i risultati di AIG che il 2 marzo dovrebbe annunciare una perdita trimestrale record da 60 miliardi di dollari: anch'essa ha chiesto ulteriore aiuto al Governo e la stampa finanziaria ne ipotizza la scissione in 3 unità (attività asiatiche, internazionali e americane) che sarebbero comunque controllate dal Governo federale.
Se gli asset tossici preoccupano ancora gli USA, la situazione in Europa non è molto diversa e il Governatore della Banca d'Inghilterra Mervyn King ha affermato che «il primo passo è capire cosa c'è nei bilanci delle banche, ed è un processo che richiede mesi». Non per niente nell'ultima settimana una dopo l'altra Lloyds e la controllata Hbos, nonché Royal Bank of Scotland (già parzialmente nazionalizzate), hanno annunciato perdite record nel 2008 tutte a causa di svalutazioni di asset tossici, e Lloyds non ha ancora aderito (a differenza di RBS) al nuovo programma Asset Protection Scheme per l'"assicurazione" degli asset tossici fino a un massimo di 500 miliardi di sterline.
Nazionalizzazioni parziali o totali, creazioni di "bad bank" (in cui confinare gli asset tossici) o "good bank" (in cui porre invece quelli sani), sono fra le proposte avanzate in Italia ed Europa per sostenere il mercato del credito; addirittura il Presidente della Commissione Finanze della Camera Gianfranco Conte ha ventilato l'utilizzo delle riserve auree di Banca d'Italia come garanzia dei prestiti erogati dagli istituti di credito a famiglie e imprese.
Per ora partiranno solo i "Tremonti Bond" (mancano però ancora i decreti attuativi e la Convenzione ABI/Ministero dell'Economia), e nonostante tutte le smentite piovute nelle scorse settimane non mancheranno le richieste da parte degli istituti di credito: le ultime voci di stampa parlano di 8 banche interessate (Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banco Popolare, MPS, UBI Banca, BPM, Banca Carige e Credito Valtellinese), che potrebbero anche presentare richieste complessivamente superiori ai 10-12 miliardi di "Tremonti Bond" ipotizzati dal Governo.
Così si renderà necessario reperire l'idonea copertura finanziaria, e non è facile considerati gli stretti vincoli di bilancio imposti dalla UE ed il fatto che non è agevole ricorrere a emissione di nuovi titoli di Stato che – necessariamente – si trovano in concorrenza con le sempre più numerose aste di titoli pubblici emesse da molti Paesi (UE e non UE) per finanziare i salvataggi di banche e altri settori in situazioni critiche.
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