I contratti swap nella quasi totalità dei casi erano stati inizialmente sottoscritti con la finalità di "fare cassa" e quindi di finanziare la gestione corrente degli enti attraverso l'elargizione di una somma in upfront.
Questo tipo di prestito veniva ripagato attraverso le cedole nette che il comune avrebbe poi corrisposto alla banca durante la vita del contratto, fino alla sua estinzione naturale o alla ristrutturazione in un altro contratto swap. Rapportando le cedole nette pagate dall'ente all'ammontare prestato dalla banca e riscalando tale importo per tener conto della frequenza cedolare, il tasso di interesse applicato dalla banca risulta in alcuni casi elevatissimo, ben al di sopra dei tassi usurari.
La tipologia più comune di swap è l'Interest Rate Swap (IRS) in cui l'ente paga un tasso variabile, per esempio l'Euribor a 6 mesi, e riceve un tasso fisso (benché di importo variabile a secondo della scadenza cedolare) dalla banca controparte. L'ente trasforma così un mutuo a tasso fisso, contratto generalmente con la Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), in uno a tasso variabile; inoltre, il tasso variabile può prevedere un limite inferiore, il Floor, insieme ad un limite superiore, il Cap, in modo tale da proteggere l'ente da ampie variazioni dei tassi Euribor.