Pirelli potrebbe essere interessata ad asset di Continental, a un giusto prezzo, se le fosse chiesto di partecipare a un'operazione e se si trattasse di un'operazione amichevole. Lo ha detto il presidente di Pirelli, Marco Tronchetti Provera, in una video-intervista al Financial Times le cui parti essenziali si possono leggere anche sul sito del quotidiano britannico.
A una domanda di Richard Milne, che gli ha chiesto se sarebbe interessato ad asset del gruppo tedesco di pneumatici Continental Schaeffler, qualora fossero in vendita, Tronchetti Provera ha risposto: « Al momento loro hanno una serie di priorità da risolvere, prima che possa accadere qualsiasi cosa che riguardi concorrenti, e analizzare opportunità. E' troppo presto per dirlo. Tuttavia, se il prezzo fosse giusto e ci venisse chiesto di far parte di un'operazione, potrebbe essere interessante analizzarla, ma solo se si trattasse di un'operazione amichevole».
Tronchetti ha detto che l'industria dei pneumatici è già consolidata, poiché i primi cinque gruppi hanno l'80% del mercato mondiale. «Ci potranno essere delle fusioni minori, ci potrebbe essere un'operazione importante in futuro, ma non è obbligatorio».
Secondo il presidente di Pirelli, toccando ferro (anzi, all'inglese, toccando legno) la sua azienda è abbastanza grande per sopravvivere alla crisi. «Talvolta la dimensione è un asset. Talvolta è una debolezza. Noi non bruciamo cash». Per Tronchetti, il 2009 è un anno chiave per ristrutturare le aziende e metterle in grado di affrontare la nuova realtà, rendendole più flessibili e capaci di avere nuovi prodotti sul mercato.
Quanto al piano triennale di ristrutturazione appena annunciato dalla Pirelli e alla vendita di attività immobiliari, Tronchetti ha detto che l'obiettivo è di avere un ramo immobiliare efficiente. «Per noi non è cruciale avere la maggioranza in una società immobiliare. Il nostro core business sono i pneumatici». «Riduciamo del 15% la nostra presenza nell'Europa occidentale. Stiamo aumentando la nostra posizione in America latina, stiamo migliorando la nostra posizione nel mondo là dove prevediamo crescita nei prossimi anni».
Tronchetti Provera, presentato dal Financial Times come un «grande di spagna» dell'industria italiana, che ha influenza in molti campi come vicepresidente di Mediobanca e di Confindustria. La Pirelli ha di fronte «tempi duri», scrive il quotidiano, a causa della crisi automobilistica e immobiliare.
Automobile, manca politica comune
Nell'industria dell'auto, «i primi sei mesi di quest'anno saranno molto brutti», afferma Tronchetti, sottolineando che c'è sovraccapacità in Europa e in America e che da parte governativa non c'è ancora una chiara idea di una politica comune per affrontare la crisi: «La cosa peggiore è che ogni Paese faccia qualcosa di diverso. Diventa una distorsione di concorrenza. C'è sovraccapacità e il solo modo (per superarla) è chiudere fabbriche».
Berlusconi e il suo governo hanno iniziato ad agire e «si stanno muovendo nella direzione giusta perché questa mossa non serve solo a sostenere l'industria automobilistica, ma anche a sostenere i fornitori», in gran parte piccole e medie imprese. Per quanto riguarda la mossa di Fiat per acquisire una quota di Chrysler «è a costo zero. E' un modo per tenere un occhio su quanto accade negli Usa».
Debito pubblico, euro non è minacciato
Secondo Tronchetti Provera l'alto debito dell'Italia non minaccia la stabilità dell'euro, perché l'Italia ha un settore privato con risparmi molto elevati. «Il debito pubblico è molto alto, ma i risparmi sono molto alti, e non c'è un'enorme crisi finanziaria perché le nostre banche non sono internazionali come le banche di altri Paesi e anche perché non abbiamo la bolla immobiliare. Abbiamo un problema, un debito enorme, ma possiamo farvi fronte».
Preoccupato di un ritorno del protezionismo, Tronchetti avverte che il protezionismo rischia di portare una recessione «duratura»: «Solo con il dialogo aperto, con regole comuni, affrontando la crisi insieme, possiamo superarla in un periodo di tempo accettabile». Gli scioperi in Gran Bretagna contro l'impiego di lavoratori italiani era solo di «una piccola minoranza che ha fatto molto rumore», ma è un segnale da tenere in considerazione per fermare una reazione del genere».