ILSOLE24ORE.COM > Notizie Finanza e Mercati ARCHIVIO

Top manager in rivolta per la legge anti-bonus

di MarcoValsania

commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
22 Marzo 2009

NEW YORK - È la rivolta dei banchieri. I top executive delle banche americane - spalleggiati dai vertici di non pochi istituti europei - sono insorti contro la crociata dei politici sui bonus di Wall Street. Con una raffica di prese di posizione, gli amministratori delegati di JP Morgan, Bank of America e Citigroup, i tre principali gruppi statunitensi, destinatari di oltre cento miliardi di dollari di fondi pubblici, hanno condannato le proposte del Congresso di tassare con imposte fino al 90% i premi pagati nelle società salvate dal Governo.
Kenneth Lewis, chief executive di Bank of America, ha bocciato la tassa come «ingiusta». Gli ha fatto eco Vikram Pandit di Citi, che ha promesso a 300mila dipendenti di «lavorare in ogni modo» per superare la controversia, denunciando che la legge colpirebbe «moltissime persone». Jamie Dimon di JP Morgan non è stato da meno: ha organizzato una conferenza con 200 dirigenti per dar voce alla sua preoccupazione di non riuscire a trattenere dipendenti essenziali. «Queste azioni possono danneggiare l'intera ripresa finanziaria», ha avvertito.
Le iniziative di legge sono nate dalle proteste contro i bonus pagati la scorsa settimana, all'insaputa del Tesoro, alla divisione servizi finanziari di Aig, l'assicuratore ripetutamente salvato da Washington. Ieri è emerso che questi incentivi sono più cospicui delle stime originali di 165 milioni di dollari e ammontano in realtà a 218 milioni: a divulgarlo è stato Richard Blumenthal, procuratore generale del Connecticut, uno degli Stati che indaga sui premi. Avrebbero ricevuto almeno un milione di dollari 73 manager.
Al momento una legge votata alla Camera tasserebbe al 90% i bonus pagati quest'anno a dipendenti che guadagnano oltre 250mila dollari nei gruppi che hanno intascato oltre cinque miliardi dal contribuente. Almeno otto grandi banche cadrebbero nella rete. Una versione al Senato ipotizza imposte meno drastiche, pari al 70% per metà a carico del dipendente e per metà dell'impresa, ma riguarderrebbe tutte le società che hanno ottenuto soccorsi. Numerosi parlamentari stanno rifiutando anche incontri per ascoltare i timori del mondo bancario.
Ma l'offensiva del Congresso si è scontrata con l'accusa di cercare facili vendette ai limiti della legalità, che rischiano di impedire un ritorno di fiducia sui mercati. Le pressioni a fare marcia indietro si sono moltiplicate, al di là della rivolta degli executive. Le votazioni in Parlamento sono in forse: lo stesso Barack Obama ha criticato ritorsioni eccessive. L'amministrazione ha avviato negoziati per strappare misure più morbide, escludendo da imposte punitive istituti e investitori che partecipano ad alcuni programmi cruciali di soccorso della finanza quali il Talf, volto a rilanciare il credito al consumo e alle aziende. La settimana prossima, la casa Bianca dovrebbe annunciare un piano per legare i compensi della Corporate America ai risultati di più lungo periodo.
La Casa Bianca, come i banchieri, teme che le crociate possano causare il fallimento non solo di futuri interventi di soccorso ma anche di strategie già in atto, spingendo le società a restituire prematuramente aiuti pubblici pur di evitare i nuovi vincoli.

22 Marzo 2009
RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio
L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER   
Effettua il login o avvia la registrazione.