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PLUS24 / La parabola di Ferretti Yacht

di Fabio Pavesi

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28 marzo 2009


Grande sconfitta del private equity: le acquisizioni a debito mettono Ferretti in crisi così come Seat e Valentino

Che vivere con troppo debito appiccicato addosso possa fare parecchio male, l'hanno ormai capito tutti. Dai cittadini americani con i loro mutui extra-large, difficili da ripagare nel tempo. Alle grandi banche che nell'ultimo decennio erano abituate a operare con un rapporto tra il proprio capitale e i soldi presi a prestito (da altre banche) oltre le 40-50 volte. Per non parlare degli hedge fund che del debito fanno da sempre una ragione di vita. Ma che anche gli operatori di capitale di rischio (i private equity) quelli cioè che scommettono i propri soldi sulle sorti di un'impresa abbiano un problema con i debiti suona un po' paradossale.

E invece no. Anche loro usano sì capitale, ma lo innaffiano abbondantemente con soldi di altri: la parola è leverage buy out. Si entra nel capitale di una società, ma per farlo ci si indebita e si scarica poi lo stesso debito sulla società acquisita che lo ripagherà con i suoi flussi di cassa.
Qual è il vantaggio per i private equity? Meno capitale usi tanto più alto sarà il tuo rendimento nel momento della vendita della quota. Questi i vantaggi. Ma per le aziende c'è il rovescio della medaglia: se indebiti troppo una società rischi di pregiudicarne i destini.

È il caso di Ferretti Yacht, il leader mondiale degli yacht di lusso, alle prese in questi giorni con la rinegoziazione del debito con Mediobanca e Royal Bank of Scotland. La società giudata dal fondatore Norberto Ferretti e controllata dal fondo Candover, subentrato a Permira stava rischiando grosso: senza un intervento sul capitale non era più in grado di pagare gli interessi sui prestiti. Eppure Ferretti era ed è un'azienda industrialmente solida. Leader in un mercato di gamma alta dove le fluttuazioni congiunturali sono meno evidenti che in altri settori. Dal 2000 è sempre cresciuta, poi Permira l'ha anche accompagnata in Borsa. Da lì una raffica di acquisizioni grazie anche all'incasso della Borsa. Poi nel 2003 il delisting e altre acquisizioni.

Tutto a meraviglia fino al gennaio 2007. La svolta è il passaggio di mano: da Permira a un'altra società di private equity, Candover. Che subentra con la quota di maggioranza al 50,2%. Compra prevalentemente con soldi delle banche. Degli 1,7 miliardi del valore attribuito a Ferretti, oltre un miliardo è debito. E così il profilo di rischio cambia completamente per Ferretti. Il debito finanziario netto va al raddoppio e gli oneri pagati su quel debito valgono 100 milioni, una cifra elevata che finisce per erodere il margine operativo. Poi la domanda di mega-yacht comincia a calare e allora ecco che il peso si fa insostenibile.

Ferretti non è sola. Da anni Seat convive con un fardello di oltre 3 miliardi di debiti messi sulla società dai fondi di private che si sono succeduti alla guida dell'azienda. Un modo come un altro per togliere ogni appeal borsistico alla società delle pagine gialle, che in questi giorni rimbalza ma che ha perso oltre l'80% del valore negli ultini due anni e ora ha lanciato un aumento di capitale da 200 milioni. E che dire di Valentino Fashion Group, l'ultimo dei grandi casi di leverage buy out? Nel maggio 2007 – pochi mesi prima dello scoppio della bolla subprime e della crisi di Borsa che ne è occorsa – viene acquisita a colpi di debito sempre da Permira. Il prezzo pagato per l'occasione fu di 2,6 miliardi di cui ben due di crediti messi a disposizione dalle banche. Immaginare cosa stia accadendo a Valentino in questa fase non è poi così difficile.

28 marzo 2009
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