È scontro tra il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, e quello di Genova, Marta Vincenzi, sulla fusione tra Iride e Enìa, con il merger che torna in bilico. E con le diplomazie comunali, comunque, al lavoro per trovare un punto d'incontro.
La causa scatenante dell'ennesima querelle? La richiesta del capoluogo piemontese che i soci della holding di controllo di Iride (la Fsu, pariteticamente partecipata da Torino e Genova) possano, in determinate condizioni, recedere.
Una richiesta, peraltro, che è solo conseguenza del vero contrasto di fondo, mai risolto, tra il capoluogo ligure e quello piemontese: la contendibilità della società che sta nascendo dalla fusione.
«Chiediamo una clausola di maggiore flessibilità per la nostra quota azionaria - dice Chiamparino al Sole 24 Ore -, altrimenti la fusione tra Iride e Enìa può diventare problematica». Una richiesta che, per adesso, è rimandata al mittente: «Nella tarda serata di venerdì - ribatte la Vincenzi - abbiamo ricevuto la proposta di un emendamento da inserire nello statuto di Fsu. Ma così come ci è stata proposta non possiamo accettarla. Comunque, sentiremo Torino per vedere se è possibile trovare un'intesa». L'atmosfera dunque è più che surriscaldata. Anche perché lo stesso fronte torinese non è compatto: i capigruppo di Sinistra Democratica e Prc, che sostengono la giunta guidata da Chiamparino, hanno detto di non voler dare «alcun mandato al sindaco» per sciogliere Fsu. E, come non bastasse, hanno aggiunto che il 51% della newco dovrà rimanare in mano pubblica. Come dire: niente contendibilità.
Già, la contendibilità. Ma quali le ragioni che hanno spinto Chiamparino, da sempre fautore della fusione, a lanciare il sasso "in piccionaia" a pochi giorni dall'assemblea straordinaria di Iride e Enìa (il 28 aprile in prima convocazione, il 29 in seconda)? «Io - risponde - non voglio far saltare il merger, assolutamente. Ma in questo caso si vuole inserire il vincolo della quota pubblica al 51% nello statuto sociale: una follia. Posso capire se si parlasse dei patti parasociali. Invece, così facendo, si torna indietro di anni. Tutti si riempono la bocca di parole quali mercato o libera concorrenza. Poi, quando c'è di mezzo la politica gli ostacoli diventano insormontabili. Sono stato, e sarò sempre convinto che la contendibilità è condizione fondamentale per creare ricchezza».
Ecco allora che Chiamparino, obtorto collo, dice «sì alla mano publica al 51%», alla blindatura della nuova società ma chiede, come bilanciamento, un possibile maggiore spazio di manovra. Ecco che spunta la richiesta di una lettera d'intenti, di un impegno a modificare lo statuto di Fsu a fusione avvenuta e approvata. Perché, ribadisce Chiamparino «la holding aveva senso per controllare Iride ma è inutile per la nuova società». A ben vedere però, seppure il sindaco di Torino non lo affermi apertamente, l'obiettivo è quello di non voler essere più vincolato in maniera preventiva a Genova. Si vuole giocare a tutto campo senza escludere, per la propria quota, anche accordi con possibili soggetti industriali. Mentre, almeno per adesso, sembra lontana l'idea della cessione: «Al limite, se dovessimo fare cassa, potremo vendere l'11% di azioni risparmio che abbiamo. Ma con i prezzi attuali, e il discorso vale anche per la quota ordinaria, non ha senso». Insomma, per il futuro nulla è escluso, ma nel presente l'idea è fantafinanza. Così come sembrano più virtuali che reali le tanto citate differenze di visione sulla proprietà degli asset, soprattutto nel business idrico.
«Per me - spiega Chiamparino - le infrastrutture devono restare in mano pubblica. Sono i servizi che devono entrare in concorrenza». «Le reti - ribadisce il sindaco genovese - sono quelle su cui è assolutamente prioritario il controllo della mono pubblica». Le due visioni, isomma, non così diverse: e allora? Allora, resta quel 51% inserito nello statuto. Resta il fatto che, secondo la Vincenzi «la "posizione rilevante" indicata nei patti parasociali è una definizione imprecisa, insufficiente. Anche perché la separazione tra società di gestione e di rete non è stata ancora fatta».
Adesso la parola, mentre i sindaci cercano l'accordo, passa per prima al consiglio comunale torinese di lunedì prossimo. All'ombra della Mole si vedrà se l'emendamento per inserire il controllo pubblico nello statuto e quello per facilitare lo scioglimento di Fsu saranno votati. Poi, si andrà nel campo delle assemblee delle due società, di Iride e Enìa. I soci pubblici di quest'ultima, peraltro, non sono contrari a mantenere ben saldo il controllo: «La presenza dei Comuni è fondamentale», dice Graziano Del Rio, sindaco di Reggio Emilia e presidente del patto degli azionisti di Enìa. Anche se molti criticano l'ennesima governance "barocca" per definire una fusione tra ex municipalizzate. «Purtroppo in questi casi - dice Chiamparino - le aziende non si fondono, ma si sommano. Lo ripeto: c'è troppa politica». E le alternative non si cercano: «E cosa posso farci? Sono uno solo. Almeno ci provo».
