I tempi di magra arrivano per tutti, anche per i top manager. È accaduto nel 2008, con l'effetto della diminuzione dei profitti che ha inciso inevitabilmente sui bonus. Certo, nelle dovute proporzioni. Non si parla di stipendi che mettono a rischio la quarta settimana del mese. Così, come emerge da un'indagine condotta da Hay Group, società di management consulting, per conto del Wall Street Journal.
Il monte compensi e premi dei chief executive officer (Ceo) di 200 grandi società statunitensi (con ricavi annui superiori ai 5 miliardi di dollari) hanno accusato un calo dell'8,5% a 2,24 milioni di dollari. Tenendo conto di pacchetti di azioni, stock option e altri incentivi a lungo termine i compensi totali sono scesi del 3,4% a una media di 7,56 milioni. E mentre lo stipendio medio è cresciuto del 4,5%, i bonus hanno subito un calo del 10,9% come conseguenza di un decremento dei profitti del 5,8 per cento.
Si tratta della prima diminuzione negli ultimi sette anni e del secondo da quando il Wsj ha iniziato a monitorare le buste paga dei Ceo, nel 1989. Molto più pesante nel settore più colpito dalla crisi, e che ne è stato anche il fulcro, ovvero banche commerciali e d'investimenti, che un tempo - ricorda il quotidiano finanziario americano - staccavano gli assegni di gran lunga più consistenti. Così i compensi diretti inclusivi di azioni, stock option e incentivi, sono calati del 14,2% a una media di 7,6 milioni. Ben più consistente il crollo dei compensi cash per i Ceo dell'industria finanziaria: -43% a 976 mila dollari.
Ma si tratta sempre di medie. Come è noto, non sono mancate le eccezioni. E adesso bisognerà vedere quli saranno le rali conseguenze della direzione indicata al G-20 di Londra, con la nascita del Financial Stability Board guidato da Mario Draghi, che hannunciato più rigore nei confronti dei super stipendi.