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Effetto «maquillage» sui bilanci bancari

di Morya Longo

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18 aprile 2009
Il miracolo Goldman divide Wall Street

Se esistessero chirurghi estetici per bilanci bancari, quest'anno avrebbero certamente fatto fortuna. Dall'America all'Europa, alcuni big del credito hanno infatti cercato di abbellire i conti di questo anno di crisi. Goldman Sachs ha fatto miracolosamente "sparire" il disastroso mese di dicembre (che ha registrato 780 milioni di perdite) sia dal bilancio 2008, sia dalla prima trimestrale 2009. Una magia? No: è bastato cambiare l'anno fiscale di riferimento. Deutsche Bank, come d'incanto, ha invece ridotto la leva finanziaria da 69 a 28 volte nei conti 2008. Un'altra magia? No: è bastato passare dai principi contabili europei, con cui è redatto il bilancio, a quelli Usa. Jp Morgan e Wells Fargo hanno invece inventato – e messo in bella mostra – gli utili «prima delle tasse e prima degli accantonamenti»: indicatore mai divulgato prima e non previsto dai principi contabili. Piccoli trucchi, potrebbe pensare qualcuno. Informazioni aggiuntive date in modo trasparente, replicano le banche. Tutto lecito, certo. Ma di fatto nei bilanci 2008 e nei conti trimestrali 2009 alcune banche hanno mostrato il più possibile il famoso «bicchiere mezzo pieno». Che dire: nei mesi in cui i manager sono messi sotto tiro per i loro lauti compensi, un po' di sano lifting non fa male.

Il caso più eclatante è quello di Goldman Sachs. Se si legge il comunicato stampa sui conti, si scopre che la banca ha chiuso il primo trimestre del 2009 (cioè il periodo gennaio-marzo) con 1,81 miliardi di dollari di utili. Il quarto trimestre 2008 (che la banca chiude il 28 novembre) era invece terminato con una perdita di 2,1 miliardi. Una domanda sorge spontanea: se il quarto trimestre 2008 è terminato a novembre e il primo del 2009 è iniziato a gennaio, che fine ha fatto dicembre? Sparito. Anzi: relegato nelle tabelle a pagina 10 del comunicato, in cui si scopre che in un solo mese Goldman Sachs ha perso 780 milioni di dollari. Ecco cosa è successo. La banca americana ha sempre chiuso i bilanci a novembre, perché aveva un anno fiscale sfasato rispetto all'anno solare. Proprio quest'anno, dopo aver terminato l'esercizio 2008 regolarmente a novembre, ha però pensato di cambiare. Il calcolo della trimestrale è dunque ripartito da gennaio. Così i 780 milioni di dollari persi a dicembre sono usciti sia dal bilancio, sia dalla trimestrale. Ma sono entrati in un mini-bilancio di un solo mese, passato probabilmente inosservato al mercato. Insomma: Goldman ha creato una sorta di «bad bank» per il mese di dicembre. «Il Sole-24 Ore» ha contattato la banca, nella sua sede americana. Ma la portavoce non ha dato spiegazioni. Al «Wall Street Journal» qualche giorno fa aveva però detto che il cambio di anno fiscale è legato alla trasformazione da investment bank a banca commerciale.

Deutsche Bank il bicchiere mezzo pieno è andata a cercarlo in America. A febbraio il gruppo tedesco ha comunicato i conti di fine 2008, redatti con i principi contabili europei. Ovvio, si dirà: Deutsche Bank è una banca europea. Peccato, però, che la leva finanziaria – un importante indicatore per capire la solidità di una banca – l'ha calcolato con i ben più favorevoli principi americani. Morale: la leva, che sarebbe stata di 69 volte, è calata a 28. Ma nel comunicato stampa sui conti, questo cambio di principi contabili non è evidenziato. Anzi: il numero uno di Deutsche Bank, Joseph Ackermann, si vanta di aver ridotto la leva «ben oltre gli obiettivi preventivati».
Diverso ancora il caso di Jp Morgan e Wells Fargo. I due istituti hanno inserito nel comunicato sui conti – oltre ai tradizionali utili netti – anche i profitti «prima delle tasse e degli accantonamenti». Peccato che gli accantonamenti, nell'anno della crisi dei mutui subprime, siano il peso principale per i bilanci bancari: comunicare gli utili prima delle rettifiche, insomma, è un po' come definire un uomo obeso «un magro prima di ingrassare di 100 chili». Ma il portavoce di Jp Morgan spiega il motivo: «L'idea è di essere più trasparenti sulla capacità di generare utili della banca». Insomma: Jp Morgan vuole dare un'informazione in più al mercato, per far vedere quanti utili è effettivamente riuscita a generare. E in effetti non aveva bisogno di "abbellire" il bilancio trimestrale, chiuso con 2,1 miliardi di dollari di utili netti. Come, in fondo, non ne aveva bisogno Goldman Sachs. Forse, dunque, questi "aggiustamenti" sono solo casuali. Certo è che, per gli investitori, sono difficili da scovare.

18 aprile 2009
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