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Goldman Sachs torna all'utile. Aumento capitale per rimborsare il prestito al Governo

dal corrispondente Mario Platero

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14 aprile 2009
Lloyd Blankfein, presidente e Ceo di Goldman Sachs (Afp)

Goldman Sachs ha bruciato le tappe: la settimana scorsa aveva anticipato che avrebbe trovato capitali per 5 miliardi di dollari per rimborsare il prestito del governo federale e recuperare la sua completa autonomia, ieri ha già annunciato un'offerta pubblica per un aumento di capitale. L'annuncio è stato affiancato dalla divulgazione dei risultati trimestrali, migliori delle attese: profitti per 1,81 miliardi di dollari (attesi 1,49 miliardi di dollari) su un giro d'affari di 9,43 miliardi di dollari, pari a un netto di 3,39 dollari per azione. Goldman ha anche annunciato l'emissione di un nuovo fondo che cercherà affari nel mercato secondario del private equità, con l'obiettivo di raccogliere altri 5,5 miliardi di dollari. Il mercato premiava il titolo Goldman già nel durante con un rialzo del 4,68% a quota 130,15 dollari per azione; nel dopo mercato, il titolo subiva modesti realizzi con una perdita di circa l'1,27% a quota 128.

La notizia più importante resta tuttavia quella dell'aumento di capitale: rappresenta infatti un importante segnale di fiducia nei confronti del mercato. Il messaggio di ieri è chiaro: d'ora in avanti si potrà fare a meno dei fondi sovrani, degli aiuti dello Stato, dell'immissione di capitale di investitori privati privilegiati e carichi di liquidità per approdare direttamente al mercato. La strategia di Goldman non è isolata. Un po' tutte le banche cercano ora di liberarsi dell'onere del controllo del governo americano attraverso il rimborso dei prestiti. Vogliono farlo anche J.P Morgan Chase, Bank of America e Wells Fargo. Un obiettivo non necessariamente facile.
Secondo un'analista della Keefe Bruyette Woods, se vorrà raggiungere lo stesso obiettivo di Goldman, Wells Fargo avrà bisogno di 50 miliardi di dollari di denaro fresco per restituire i 25 miliardi di dollari di prestiti di "emergenza". L'analista ha anche annunciato un downgrade del titolo Wells Fargo.

Era stato sull'onda dei risultati della banca californiana, (profitti per 3 miliardi di dollari annunciati la settimana scorsa) che l'intero settore bancario aveva guidato la ripresa del listino nelle ultime sedute. Anche altri analisti, oltre a quello di Keefe, hanno poi espresso prudenza. Uno di essi, che ha voluto mantenere l'incognito, ha spiegato che a fronte dei buoni risultati di bilancio attesi nei prossimi giorni vi sono ancora molte attività tossiche che le banche dovranno contabilizzare in perdita nei prossimi mesi. Non è detto, afferma la fonte, che il buon momento per le attività di normale gestione dei depositi generi cassa a sufficienza per far fronte alle altre perdite attese.
Ma ieri l'entusiasmo degli investitori non si è affievolito nemmeno di fronte alle avvertenze. Guadagni per Bank of America, Citigroup e Goldman; solo Wells Fargo è rimasta stazionaria, complice il downgrade di Woods.

Un nuovo problema si è intanto aperto per gli istituti finanziari che hanno ricevuto fondi federali: l'ispettore generale del Tarp (Troubled Asset Relief Program) Neil Barofsky ha avviato un'indagine per verificare se le banche abbiano in qualche modo truccato i propri conti per ottenere gli aiuti pubblici. E il governo le ha diffidate dall'applicare tassi di interesse e commissioni più elevate della norma. Questo avvertimento giunge dal comitato di supervisione del Tarp che ha condotto un'inchiesta a tutto campo dopo aver ricevuto numerose segnalazioni e proteste da parte di cittadini che si sentivano truffati dai loro istituti di credito. Si spiega così anche il "consiglio" della settimana scorsa del presidente, Barack Obama, ai debitori americani che stanno rinegoziando le condizioni dei loro prestiti o mutui immobiliari: «Se vi chiedono commissioni prima di concedere i prestiti, rifiutate di pagarle; se applicano tassi più alti del normale o di quel che vi aspettavate non cedete, negoziate...», aveva detto Obama. Sembrava strano che un singolo debitore potesse avere la forza da solo di respingere condizioni dettate da una istituzione finanziaria cui spetta il potere finale in materia di erogazione del credito. Oggi sappiamo che dietro alle parole di Obama c'è l'attivismo diretto del Tarp.

L'ultimo fronte "fragile" infine riguarda i risultati dei cosiddetti "stress test" condotti dal Tesoro per accertare lo stato di salute delle 19 maggiori banche americane. A dieci giorni dalla pubblicazione, i risultati di questi "stress test" sono già nel mirino dei critici. Ieri per esempio l'economista Nouriel Roubini li ha definiti «privi di senso» in quanto si basano su una serie di previsioni economiche irrealistiche.

14 aprile 2009
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