Il Segretario al Tesoro Tim Geithner ha difeso dai dubbi del Congresso la nuova riforma dei controlli e delle regole per la finanza americana proposta dalla Casa Bianca. I parlamentari hanno guardato con sospetto all'aumento di poteri della Federal Reserve, che avrà la missione di tenere sotto controllo le grandi società finanziarie, quelle che possono mettere a rischio la stabilità dell'economia. Non pochi temono che la Banca centrale abbia mostrato di non essere all'altezza dei nuovi compiti durante la crisi. Ma Geithner, parlando davanti alla Commissione bancaria del Senato, ha insistito che la Fed non ha rivali per l'incarico di poliziotto sistemico: «È la più adatta – ha detto – Nessun altro ha la sua conoscenza e sensibilità quando si tratta di sviluppi sul mercato».
Molte banche centrali al mondo, ha sostenuto, già hanno responsabilità sui rischi sistemici. E il rafforzamento dei poteri della Fed è «modesto»: la Banca centrale, attraverso il suo governatore e il board, renderà conto delle nuova attività. Né la nuova veste, ha assicurato Geithner, la distrarrà dalla politica monetaria, diminuirà la sua indipendenza o danneggerà la sua credibilità asservendola a missioni governative.
La Fed, inoltre, nell'era delle nuove regole sarà affiancata da altre authority. Anzitutto dalla neonata Consumer Financial Protection Agency, incaricata di proteggere i consumatori e regolamentare una vasta gamma di prodotti, da mutui a carte di credito, spesso in passato sotto la giurisdizione della Fed. La Sec, da parte sua, manterrà un ruolo di difesa dei risparmiatori e investitori.
La svolta nella finanza, ha intimato Geithner, non può aspettare ancora: «Gli americani hanno sofferto tropo, la fiducia nel nostro sistema finanziario è stata scossa e la nostra economia è arrivata troppo vicina al collasso per lasciar passare questo momento senza agire». Al Congresso ha chiesto di approvare senza indugi la riforma, completando i lavori su una legge entro l'anno. E ha assicurato che se fosse stata realizzata prima dello scoppio della bufera sui mercati avrebbe scongiurato eccessi nell'indebitamento delle banche e nei mutui e consentito più rapidi interventi di risanamento.
Il fuoco di sbarramento è cominciato dai banchi dell'opposizione repubblicana. «La riforma sopravvaluta ampiamente le capacità della Fed», ha tuonato il senatore dell'Alabama Richard Shelby, tra i grandi critici degli interventi pubblici nell'economia. Jim Bunning, suo collega di partito del Kentucky, ha accusato la Fed di aver esercitato con timidezza in passato anche i poteri di regolamentazione che già aveva, ad esempio sui mutui. «Non ho ragione di credere che si comporterà diversamente», ha concluso. Qualche democratico ha a sua volta espresso riserve: Mark Warner della Virginia avrebbe preferito che i rischi sistemici fossero appannaggio di un comitato che riunisse le diverse autorità. E il presidente della Commissione bancaria, Chris Dodd, ha fatto propria una battuta scettica sulla Fed e la riforma: «È come dare un'auto più potente al figlio che ha appena distrutto la macchina di famiglia».
Dagli scranni democratici, assieme ai dubbi sulla Banca centrale, si sono levate altre voci critiche: quelle delle correnti liberal che giudicano la riforma complessivamente poco aggressiva. Il senatore di New York Charles Schumer ha invocato, in particolare, la creazione di un'unica authority di supervisione bancaria. Il mancato consolidamento dei moltepilici organismi di controllo della finanza è stato, per sua stessa ammissione, una delle grandi rinunce di Barack Obama. Dubbi restano anche sull'efficace coordinamento delle diverse authority, come sull'impegno alla trasparenza dei mercati più oscuri e minacciosi quali i derivati. Dalle colonne del New York Times il commentatore di business Joe Nocera ha offerto il giudizio forse più caustico sulle proposte di Obama e Geithner: un tentativo di «tappare le falle» più che di «ricostruire la diga» delle regole finanziarie.